Sono vari fratelli, ed ognuno ha scelto la sua strada. Ciascuno
si è fatto una vita indipendente dagli altri ma una casa li unisce. In quella
casa capito per caso, come inquilino in un appartamento ammobiliato, e all’inizio
mi sembra un posto libero, vicino al centro ma lontano dal suo rumore. È in
mezzo alla campagna, che ora in parte è stata modificata e saccheggiata da
nuove strade e qualche costruzione che un tempo non c’era. Per me è un ritorno
alle scomodità ed alla poesia della mia infanzia, al freddo invernale ed ai
filari di vite, al cane tenuto al guinzaglio dai suoi padroni che lo nutrono in
modo indegno ed al posto delle fragole. Troppe cose, e ricordi, e legami, e
nostalgia. E quell’ulivo che quasi mi entrava nella stanza da letto.
Ma loro, i fratelli, hanno una vita precedente che non è la
mia. Uno di loro infatti, Todeschi Uno, è andato altrove, vive lontano, ed
affitta la casa a turisti e a lavoratori che rimangono pochi mesi. In quella
casa non vuole mettere più piede, e non lo vedrò mai. L’affitto è regolare
però, ed io prendo persino la residenza in quel posto, trascorrendovi poi
alcuni dei miei anni più belli. I contatti con lui li mantengo attraverso un amico di
famiglia.
Un altro dei Todeschi, il Due, vive nell’appartamento sopra
il mio. È sposato, è distaccato e poco socievole, ma questo comporta che non sia neppure invadente, e
la mia vita può andare avanti senza che mi crei problemi. Lui ha un impiego in
comune, e la moglie lavora in un negozio del centro, con il fratello. Sono conosciutissimi,
e lui beve.
Todeschi Tre vive a 100 metri, fa il contadino, pure lui beve, cura orto e
vigna, gestisce con la moglie un negozietto di frutta e verdura, ha diversi
figli tutti contadini, parla pochissimo e la domenica mattina, invariabilmente,
deve far funzionare qualche motore per i suoi lavori. La bellezza della
campagna ha anche questi momenti.
Vivo per quasi 5 mesi senza sapere nulla del Todeschi
Quattro, il “Francese”, quello che si sta ampliando la casa con un’ala nuova,
ancora in costruzione, che mi sto abituando a vedere sempre vuota e
abbandonata.
Il suo arrivo è spettacolare. La sua Citroën DS con targa
francese irrompe nel cortile col clacson bitonale e la radio a tutto volume.
Prudentemente osservo dalle finestre senza mettere il naso fuori di casa e vedo
che scendono un adulto ed un ragazzo: Andre. Scaricano i bagagli in fretta,
spengono la radio e salgono le scale dell’ala in costruzione. Poi torna la
pace. Per qualche ora.
Il mattino dopo sento urla. Todeschi Quattro e Todeschi Due
stanno litigando. Poi la Citroën parte sgommando e sollevando la ghiaia del
piccolo cortile. Non vedrò più per mesi il Francese. Andre, che gli zii
chiamano per puntiglio Andrea, rimane da solo in quella parte di casa in
costruzione, ma si sa arrangiare, è molto autonomo.
Tra alti e bassi la grande famiglia Todeschi conduce la sua
esistenza senza interferire con la mia vita, e gli anni passano. Io mi offro di
aiutare in piccole cose Andre, ma lui accetta di rado, e del resto si sa
muovere benissimo, mi pare. Inoltre ha un buon rapporto con i cugini
quindi cerco di non intromettermi oltre il minimo sindacale.
Poi, di colpo, senza avvisaglie, tutto precipita. Durante una
delle sue rare permanenze il Francese distrugge, di notte, tutti i vasi
appoggiati al muro. Sono i vasi del fratello che vive sopra di me, e, tra questi, pure il vaso
del mio rosmarino.
Di punto in bianco diventa vietato parcheggiare l’auto fuori da
certi spazi ben delimitati, perché quelle sono le regole condominiali (regole condominiali?).
Un pomeriggio il Francese, più sbronzo ed incazzato del
solito, spiaccica una decina di cachi sulla porta di ingresso comune e sulla
porta al secondo piano, quella del Todeschi Due. Urla e strepiti, poi di nuovo
tutto calmo.
Da un giorno all’altro il cancelletto di accesso al cortile
deve essere chiuso. È tassativamente vietato lasciarlo aperto. Inutile osservare
che tanto è possibile aggirarlo, visto che la strada si può anche lasciare per
passare di fianco e che non ci sono altre recinzioni. Il cancello va aperto e chiuso
ad ogni passaggio, quindi occorre scendere dall’auto ed infangarsi i piedi, se
piove, perché la strada privata in quel caso diventa quasi impraticabile.
A me la cosa inizia a pesare, ma più ancora alla moglie di Todeschi
Due, che ha un attacco cardiaco. La signora si rimette, con fatica, ma in breve
tempo i due coniugi abbandonano la casa e vanno ad abitare in centro. L’appartamento
sopra il mio lo affittano ad una ragazza. A volte incontro lui, in centro, sempre più ubriaco, che passa da
un bar all’altro. Lei invece non lavora più nel negozio col fratello.
L’unico che apparentemente non si interessa di quando
succede è il Todeschi Tre, il contadino, che vive per fatti suoi, a distanza di
sicurezza.
Anche per me intanto il tempo passa. La parentesi in quella
casa è finita e la mia vita si trasferisce in un centro a circa 20 chilometri,
dove riallaccio e mantengo nuovi e vecchi contatti, mentre avverto il
mutamento.
Nel giro di pochi anni entrambi i coniugi Tedeschi che
vivevano sopra di me muoiono. Il Francese sparisce nel nulla. Il contadino
continua a coltivare la terra ed a vendere verdura e frutta. Andre ha problemi
per spaccio di droga e si perde.
Il cane, quello sempre alla catena, quello che a volte mi
impietosivo e liberavo e poi lo vedevo correre felice attorno ma che dovevo presto
affrettarmi a incatenare di nuovo per evitare di essere richiamato dai
proprietari, viene soppresso. Quel cane tenuto costantemente legato, che all’inizio
mi abbaiava ringhiando e che in seguito, quando ho visto come veniva nutrito,
io ho iniziato a curare a mia volta, comprando apposta per lui interi polli che
poi cucinavo condividendoli oppure preparandomi bolliti enormi che poi, in
parte, con ossa, pane e tutto quanto di adatto riuscivo a recuperare, gli portavo in una teglia di
smalto fumante, in seguito mi faceva le feste. Di quel cane non dico il nome però. Neppure
lo posso dimenticare. Sono solo felice di avergli potuto rendere la vita
meno difficile, per quanto poco mi è costato. E mi spiace sia stato vittima
pure lui di quella famiglia sbagliata.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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