giovedì 20 novembre 2014

Ansia da prestazione


Dei primi momenti dell’infanzia che gli sono rimasti stampati in modo indelebile ricorda il suo misurarsi costantemente con le cose e con le persone.
Quell’albero difficile da scalare, che anche le ragazzine però sapevano affrontare meglio di lui.
Il gioco del pallone, per il quale si sentiva (ed era oggettivamente) negato.
E poi con le ragazze, un po’ più grande, quando avevano iniziato ad interessargli, e puntualmente trovava altri che lo superavano in velocità, simpatia, successo.
Anni dopo, sul lavoro, talvolta doveva rendere conto di conteggi burocratici idioti, di prestazioni richieste solo per forma, ignorando del tutto la sostanza o le effettive ricadute. Bastava essere bravi a scrivere relazioni, e in quello, quando decideva di deridere il sistema, ci riusciva bene anche se poi non ne ricavava alcuna soddisfazione.
A volte, mentre si trovava in intimità, provava un calo di desiderio improvviso, e quello non poteva fingerlo, ovviamente. Non poteva barare. Lei, se non era stronza, capiva, e gli dava l’importanza giusta, senza esagerare. Le altre, quelle che neppure lo vedevano, lo avrebbero demolito probabilmente, quindi meglio così, a conti fatti.
Quando iniziò a stancarsi di troppe cose ed ebbe la possibilità di andare in pensione, uomo fortunato, secondo i parametri odierni, ancora non del tutto distrutto nel fisico, si trovò davanti lo spauracchio del: “ ed ora cosa faccio?”.
Chissà perché gli altri si aspettavano da lui o che cadesse in una depressione incurabile oppure che trovasse mille nuovi interessi per mantenersi attivo ed efficiente.
« Ma pure adesso devono volere qualche cosa da me?», pensava innervosito, « Non basta che continui a seguire le cose che facevo prima, che tenga in ordine come posso, che segua chi riesco e che mi prenda pure un po’ di tempo solo per me?»
Evidentemente non bastava: una ex collega faceva volontariato e un altro si buttava, malgrado la sua età, in mille avventure faticose e pericolose. Alcuni avevano nipotini da seguire, ma lui no, non ne aveva. Era colpa sua pure quella?
Gli anni passavano, intanto, e ad un certo punto si ritrovò, senza neppure capire come, su una sedia a rotelle, perché non poteva più camminare in modo autonomo.
Malgrado questo, e malgrado le oggettive limitazioni nel non poter più salire da solo le scale, cosa non da poco, si adattò e cominciò ad uscire di casa sempre più spesso da solo, allungando ogni volta un po’ di più il raggio del suo ideale cerchio di mete raggiungibili.
La sua vecchia ed istintiva spinta a misurarsi con imprese che giudicava alla sua portata trovò nella carrozzina l’oggetto del suo impegno, il suo limite da superare.
Quando il tempo era favorevole prese l’abitudine di spingersi sino al grande fiume, per osservarlo, dall’argine, sia con bella o brutta stagione, purché non piovesse.
Una mattina d’inverno, malgrado il figlio gli avesse detto di non uscire di casa quel giorno, perché la temperatura era sotto lo zero, lui si organizzò e si diresse al solito punto, sull’argine del grande fiume. 
La brina si vedeva ancora verso le dieci, segno che l’erba, dove il sole non era arrivato a scaldare, manteneva ancora il freddo della notte.
Il gelo lo trovò all’improvviso anche sulla stradina asfaltata prima della leggera discesa. Gli alberi sempreverdi in quel punto facevano ancora schermo al sole. Quando si avvicinò al punto dove la pendenza iniziava in un attimo perse il controllo della carrozzina, cominciò a scivolare con le ruote che non facevano alcuna presa sull’asfalto bianco per il ghiaccio e in pochi secondi finì, senza un solo grido, direttamente nella corrente fredda del grande fiume, assieme alla carrozzina che decise di andare sul fondo prima di lui, precendendolo di alcuni minuti.
Quando capì che tutto stava finendo, in un ultimo momento di lucidità, accettò quasi con gratitudine quella fine onorevole per la quale non aveva dovuto competere con nessuno, e non gli era stato richiesto di dimostrare nulla al mondo.
                                                                       Silvano C.©


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