Entra in un piccolo negozio che conosce da un po’, pieno di gioielli etnici e di oggetti particolari come piccoli pettini in corno, scatole in argento, collari preziosi ed anelli non comuni.
Non è la prima volta, e il proprietario gli è pure
simpatico. Solo un giorno gli è capitato di vedere all’interno la moglie e non
lui, ma con lei non ha scambiato parola, anche se è ugualmente entrato a
curiosare.
Si guarda intorno, prima di chiedere, poi si avvicina e si
informa su una scatoletta d’argento. Gli serve per un regalo che dovrà fare tra
un po’ ma non sa se avrà occasione di ripassare prima di quel periodo, e si
lascia quindi condurre nella scelta, permettendo di farsi consigliare e mostrare le cose che piacciono al proprietario.
Si ritrova così con 5 piccoli oggetti preziosi appoggiati su
un minuscolo tavolino, e li prende in mano uno dopo l’altro, li apre, li
ammira, se li fa descrivere e chiede informazioni. Sa perfettamente che se
potesse li comprerebbe tutti, già ha un’idea di quello che sceglierà, ma gli
piace sentire le storie che l’altro gli racconta, che gli fanno capire che quei
piccoli tesori lui se li è cercati in paesi lontani, esotici, forse pericolosi,
e che sicuramente non avrà mai occasione di visitare.
Scambiano emozioni, non informazioni. Uno vuole comprare, l’altro
vuol vendere, ma in realtà non hanno alcuna fretta, e il discorso vaga, in modo
apparentemente casuale.
Il negoziante gli chiede cosa pensa di xp, il sistema
operativo da qualche mese non più aggiornato, ed è l’occasione che forse
entrambi aspettavano per divagare dai computer alla batteria.
Lui confessa che la batteria non è il suo strumento
preferito, ma il piano, e l’altro invece spiega che la batteria è un mondo, e
allora si ricorda di Art Blakey, e di un concerto al quale ha assistito, tanti
anni prima, a Bologna, e capisce che è vero. Poi le vede, le spazzole, che non
aveva notato prima, e l’altro sorride, e tira fuori da dove stava nascosto uno
strano strumento che simula un tamburo, rotondo, basso, e due bacchette, e fa
sentire che suoni può produrre. È uno strumento per allenarsi, anche se non ne
capisce il nome.
E i ricordi di entrambi si accavallano, sulle note di
vibrafoni e batterie, violini ed organi. Il proprietario gli chiede se conosce
una certa Dammerklein, e da un tablet collegato all’impianto del negozio, con
poche mosse, fa uscire la musica di un'artista che suona l’organo Hammond B3
con una bravura unica. Il nome esatto però non è quello, è Dennerlein, Barbara
Dennerlein, e allora un piccolo block notes passa di mano, ed il nome viene
scritto, nero su bianco, per non scordarlo e ritrovarlo. Lei suona con le mani
e con i piedi, è un mostro di bravura, ed è pure bella, ma lui intanto torna
indietro nel tempo, e scava nella mente. Quella musica gli fa venire alla mente
un concerto al quale ha assistito, in una vita precedente, in un locale tra
Ferrara e Ravenna. Ora ha pure dubbi, non sa se ricorda bene, ma l’Hammond lo suonava Brian Auger, e la voce
era quella splendida e “nera” della bianchissima Julie Driscoll.
Racconta di quel concerto, e aiuta nella ricerca di un brano che faccia capire di cosa parla. Intanto
ha scelto la scatoletta d’argento che vuole comprare e l’altro gli
prepara una piccola confezione regalo.
Quando esce dal negozio la musica ad alto volume di quel pezzo
famoso lo fa sognare e volare, e gli fa anche ricordare di quando lui si
era ritrovato a meno di un metro da una cassa acustica mostruosa e della conseguente
sordità temporanea che lo isolò parzialmente dal mondo per alcuni giorni.
“Save me!
Somebody save me
Save me!
Somebody save me, yeah…”
Somebody save me
Save me!
Somebody save me, yeah…”
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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