Il suo nome vero è Dirce Bertagni, o Bertagni Dirce, come
dice lei se interrogata a tal proposito da una persona foresta, e lo fa per una
sorta di rispetto e di abitudine a tenere le distanze. Per tutti quelli che
abitano vicino a lei e la conoscono invece è “la Niculina”, perché suo padre si chiamava Nicola.
Vive in una casa un tempo nobile poi
abbandonata per lunghi anni e infine comprata dal marito quando ormai erano
separati di fatto, anche se non per l’anagrafe e l’archivio di stato civile del
comune o per i registri conservati in parrocchia. Lui ha un’amante che tutti
conoscono come tale, e lei ha conservato la sua nobiltà distaccata malgrado
l’offesa e la maldicenza che in un piccolo paese questo comporta. Lui neppure
ci vive in quella casa dove lei è rimasta col figlio, ma viene puntualmente a
pranzo ogni giorno, mangiando in silenzio o grugnendo qualche frase per
simulare una parvenza di relazione. Se ci sono ospiti occasionali è persino
spiritoso, ma consuma il suo pasto sempre in fretta e non si perde troppo in
discorsi. Lui ha da fare: l’azienda lo aspetta e questo deve essere chiaro. È
lui che guadagna per la famiglia, e nessuno si deve azzardare a dire
nulla.
La Niculina da anni va avanti in questo
modo; pensa a curare gli animali da cortile e l’orto, cucina per il figlio ed
il marito, ed anche per i due cani che fanno la guardia in modo efficiente ma
che sanno stare al loro posto quando lei si avvicina, e chinano la testa con un
certo rispetto quando la donna porta loro il pasto, nel grande magazzino adiacente
alla casa all’interno del quale ci sono le loro cucce. Sanno che non possono
entrare in casa, tutt’al più affacciarsi sull’uscio. Quando ci hanno provato si
sono ritrovati una scopata tra capo e collo e la lezione l’hanno capita subito.
Con la scopa lei mantiene l’ordine e la usa
come un’arma.
Una mattina una grossa nutria ebbe la
cattiva idea di farsi una passeggiata dal canale poco lontano dove solitamente
viveva sino all’orto della Niculina. Evidentemente le carote ed il radicchio
così ben tenuti l’avevano interessata.
La donna quella mattina aveva con se la sua
solita scopa o più probabilmente una vanga, visto che intendeva fare piccoli
lavori tra le sue piante.
La donna che vede la bestia e la bestia che
vede la donna sono eventi sovrapposti nel tempo, distanziati forse da frazioni
di secondo. La bestia ovviamente tenta di scappare ma la Niculina, che quel giorno
indossa come sempre quando fa certo lavori bassi stivaletti di gomma per non
rovinare le altre scarpe è rapidissima. Pochi colpi inferti senza pietà
stendono per sempre l’incauto animale, che tenta pure un estremo tentativo di
aggressione per autodifesa.
Quando mi raccontano l’episodio confesso che
stento a trattenere il riso. Conosco la Niculina, e so che lei il suo ordine lo
mantiene in modo rigido.
Gli uomini vanno trattati con le molle,
indipendentemente da chi sono o da cosa dicono, perché quasi tutti
invariabilmente fanno i loro comodi, quindi lei, adeguandosi, concede la
confidenza a ben pochi, e vive in una sorta di mondo separato, inattaccabile,
corazzato dalle diverse esperienze pagate sulla sua pelle. E gli animali li
rispetta ma solo se stanno al loro posto, svolgendo il ruolo che lei ha loro
assegnato.
Non so se è capace di poesia, di tenerezza,
io credo di sì, ma ha sviluppato un atteggiamento più maschile che femminile in
questo lato del suo carattere. Forse così ci è nata, o forse qualcuno l’ha
spinta a diventare più dura, negli anni.
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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