Settimo nasce settimo figlio in una famiglia numerosa ma non
troppo con due nonni, una zia, Giacomo, due genitori e altri sei fratelli.
Avrebbe potuto chiamarsi anche Ultimo, ma quando nasce
nessuno prevede questo particolare, quindi sarà Settimo per sempre. Sicuramente
non l’ultimo Settimo.
Il lavoro è quello che lo aspetta, niente altro che il
lavoro, sin dai primi anni di vita, ad aiutare nella stalla e in campagna, con
Giacomo. Giacomo è forte come un toro, basso e tarchiato, con due soli anni più
di lui, e per non si sa bene quale motivo sin da piccolo lo trova sempre dalla
sua parte, in ogni situazione di pericolo o di lite con altri ragazzi più o
meno della loro età.
Neppure i fratelli maggiori gli dimostrano tanta amicizia, e
lui si affeziona a Giacomo.
In famiglia capisce presto che niente è gratis. Il nonno
tiene le redini del comando della famiglia in modo inflessibile, sino a quando
una paresi lo blocca su una sedia, gli toglie ogni potere e lo rende molto più
rigido per certi versi e del tutto cedevole per altri.
Il tempo passa. Il nonno viene ricoverato in un ospizio,
dove vive i sui ultimi due anni su questa terra, ormai incapace di parlare e
probabilmente di capire cosa succede. La nonna lavora, e cura maiali, conigli,
polli, faraone e tacchini. I fratelli maggiori, uno dopo l’altro, si sposano e
se ne vanno di casa. Il padre ha un incidente in campagna, e muore sul colpo
cadendo da un albero del quale stava tagliando un ramo morto (l’ironia della
morte a volte potrebbe persino far sorridere se non portasse con sé dolore e
miseria).
Giacomo, il matto della famiglia, arrivato a vivere tra loro
non si è mai capito per quale pietoso o egoistico gesto, che per tutta la vita
ha solo lavorato come un mulo, ora lavora ancora di più, ma non basta per
salvare la casa. Loro infatti non sono proprietari, ma mezzadri, ed adesso non
vanno più bene al padrone, che li mette con gentilezza e molti sorrisi fuori
dalla porta, regalando loro una striminzita somma come benservito finale.
Tutto si sfalda. Settimo si ritrova orfano di nonno e di
padre, ora anche di Giacomo, abbandonato al suo destino senza pietà, perché non
è uno della famiglia. Si oppone, ma non serve. Adesso lavora ancora, ma non più
in campagna. Viene chiamato da Bertiglio nella sua impresa edilizia, prima di
essere arruolato sotto le armi, perché il Duce ha dichiarato guerra, e serve
anche lui al regio esercito imperiale.
Spedito sul fronte africano viene fatto prigioniero degli
inglesi esattamente nel corso della prima azione di guerra, quando la sua
pattuglia, mandata in perlustrazione, viene circondata e disarmata con
efficienza e ben poco humor. La prigionia è lunga, e per tutto il tempo viene
costretto a lavorare. Non viene trattato male, a dire il vero, ma non è una
vacanza e la fatica è tanta. I prigionieri italiani del resto sono così
simpatici agli inglesi che neppure dopo l’otto settembre vengono liberati, ma
ancora ospitati dagli alleati nei loro campi, vitto alloggio e lavoro compresi.
Alla fine però viene liberato. Il ritorno a casa dura mesi,
con tutti i mezzi di fortuna possibili, piedi compresi.
Quando torna i fratelli neppure lo riconoscono più e anche
la madre dubita che sia lui. Per pietà un fratello lo ospita in un suo
ripostiglio nell’orto, perché non si fida di lui ma allo stesso tempo qualche
dubbio non gli manca.
Ritrova Bertiglio, che lo riconosce invece, e gli offre
subito di riprendere quel lavoro che aveva interrotto molti anni prima.
Ora non si costruiscono più le case tutte uguali nelle zone
della grande bonifica, ma la rinascita italiana è iniziata e la manodopera
serve. Settimo in pochi mesi diventa muratore apprezzato e stimato, si trova un
paio di stanze in affitto, praticamente lavora e dorme senza far differenze tra
giorni festivi e feriali, e si trova pure una ragazza, che lavora in campagna. Con
la sua famiglia chiude tutti i ponti. Smette di andarli a trovare e non vede più
neppure la madre.
Quando cerca di avere notizie di Giacomo all’inizio trova
molte difficoltà, poi scopre che è morto sotto un bombardamento, il 28 gennaio
del 1944. Col suo corpo il vecchio amico ha salvato una ragazzina che allora aveva 10 anni e
che ora è viva grazie alla sua generosità ed alla sua forza. E ricorda quando
lo difendeva, senza paura, davanti anche a gruppi di ragazzi più grandi di
loro. Sente dentro di sé come un macigno la consapevolezza di averlo tradito
quando avrebbe potuto difenderlo. Trova pure la tomba dove è stato sepolto, ma
non c’è alcuna foto, solo un nome ed una data, quella della morte.
Molti anni dopo Settimo ha la sua famiglia, è legatissimo a
Oriana, sua moglie, ed ai tre figli. Nella sua vita ha costruito palazzi e case
più piccole, villette ed edifici pubblici. Non si è arricchito ma si è comprato
alla fine una casa indipendente, coronando un sogno lungo una vita. Negli ultimi
tempi ha lasciato l’edilizia - troppo pericoloso salire sulle impalcature - e
si è trovato un lavoro in Comune. Alla fine ha saputo costruire senza
concedersi mai troppi lussi inutili, risparmiando e lavorando. La prima volta
che entra in un vero ristorante e non in una semplice pizzeria è quando si
sposa Emilia, la primogenita. Settimo ha compiuto da poco 50 anni.
Silvano C.©
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