domenica 21 settembre 2014

Il riparatore


Veniva da un’infanzia strana, o almeno tale gli sembrò sino a quando se ne fece una ragione, un po’ più avanti negli anni, superate alcune fasi che tutti i ragazzi superano, taluni precocemente, altri in modo tardivo. Lui non aveva fretta, anche se apparentemente credeva di averne. 

Poi incontrò lei. Casualmente. Occasionalmente. Senza cercarla. O senza cercare lei. 

Quando le attese più o meno espresse e coscienti di due persone coincidono nel tempo e nello spazio a volte capita che ci si scelga, che tutto sia naturale, che non si chieda neppure il perché, e che la vita precedente appaia semplicemente quello che è stata, cioè il passato, abbastanza poco importante.

Qui serve una breve digressione. Nulla di quanto si vive è inutile. Tutto serve, anche il dolore, non in senso cristiano intendo, ma come necessario strumento di prova assimilabile al test che si progetta per verificare se uno strumento tecnologico o una macchina sono in grado di svolgere il compito per il quale sono stati progettati. Solo dopo una prova superata (o molte prove, capita pure quello spesso) si viene omologati come esseri umani. Ma chiudo la digressione.

Da quel momento il suo rapporto con gli altri mutò. E pure il suo rapporto con le cose. Quello con gli oggetti inanimati in realtà mutò meno. Questi lo avevano sempre affascinato, e le tecniche di progettazione e riparazione erano una costante nei suoi interessi.
Aveva un passato di ricopritore di libri, di corniciaio, di pittore di statue di terracotta, di modellista di creta dipinta e poi lasciata essiccare cruda, di costruttore di candele in cera colorata, di modellista navale utilizzando materiali di recupero, di costruttore di razzi manipolando la polvere pirica dei botti in libera vendita tutto l’anno, ad esclusione del mese precedente il capodanno, di esploratore delle possibilità di avere budini a più gusti sovrapposti, e così via.
Con lei, poco a poco, si scoprì un riparatore, ed iniziò a divertirsi a smontare giocattoli che non funzionavano per rimetterli in sesto, a modificare piccole parti dell’impianto elettrico in casa, a sistemare la cerniera di un mobile, o loro o di amici. 

La ferramenta lo aveva sempre affascinato, molto più della boutique, ed infatti spendeva poco in abbigliamento e molto in trapani e brugole, ed iniziò a frequentare quegli squallidi ma fornitissimi e grandi bricoself, sino a scoprire che non di rado, malgrado la pubblicità invitante, praticano prezzi gonfiati su ogni genere in vendita, ed è molto meglio rivolgersi ai piccoli negozi,  più professionali sia nei prodotti proposti sia nei consigli per utlizzarli.

Appena poteva riparava le cose, ogni tipo di cosa. Spendeva a volte il doppio per attrezzarsi piuttosto che chiamare un tecnico specifico, ed in tal modo aveva accumulato un’attrezzatura invidiabile, anche se non da professionista.
Il figlio, da piccolo, pensava fosse un falegname, e non un impiegato.
La sua forza però era lei, sempre lei, solo lei. Litigavano, si cercavano e non era più come i primi tempi, ma se si allontanava sentiva subito nostalgia. Non concepiva la sua assenza, in altre parole.

Quando, verso la fine, lei si spense, e lui rimase come un allocco, impreparato, davanti ad un evento prevedibile ma imprevisto, sentì la profonda inutilità dei suoi attrezzi, utili a riparare un lavello ma non il cuore.
La vita va avanti, si era detto mille volte, lei aveva detto mille volte, ma ora lei non lo diceva più, e lui iniziò a dubitarne. La vita va avanti, è chiaro, ma arriva sempre il tempo nel quale si lascia spazio a chi verrà dopo di noi.
Ecco, poi l’ho perso di vista, da quel momento non ne so più nulla, neppure come è finita. Del resto pochi sanno come finirà.
                                                                                     Silvano C.©

( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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