domenica 5 gennaio 2014

Compiti a casa - Il terrore e la bellezza


Ho insegnato per una vita alla scuola media inferiore; ho iniziato quando era la SCUOLA MEDIA STATALE, poi ho continuato quando è divenuta semplicemente SCUOLA MEDIA, ed ho concluso la mia carriera nella SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO, che è la definizione corretta attuale.
Ho vissuto gli anni nei quali si voleva farla sparire dal nostro ordinamento scolastico, perché ritenuta l’anello debole di tutto il sistema, schiacciata tra una scuola elementare sempre perfetta o quasi ed una scuola superiore già orientata all’inserimento nel mondo del lavoro, e non più obbligatoria, malgrado il suo compito sia appunto quello di fare da cuscinetto tra età diverse, affrontando un periodo molto particolare per i giovani che stanno crescendo.

Ho visto generazioni di studenti di prima media spauriti, seduti nei banchi con nuovi compagni, intimoriti da una decina di professori che si alternavano davanti a loro ad un ritmo che all'inizio non capivano, mentre pensavano ancora con nostalgia ai loro bravissimi due o tre maestri al massimo, talvolta uno solo, escludendo quello di religione. 
Di alcuni di questi ex-studenti ho avuto l’onore di ritrovarmi anni dopo, in classe, i loro figli, ed è stato un piacere reciproco rivederci dopo circa 20 anni, con una certa complicità negli sguardi.
E sempre, puntualmente, invariabilmente, ostinatamente, i genitori si sono lamentati che i voti erano più bassi di quelli che i loro figli ottenevano alle elementari, e sempre, che la quantità di compiti assegnati a casa era spropositata, che impiegavano troppe ore per svolgere quelli scritti o pratici e per studiare. E, di nuovo, quasi sempre, dopo alcuni mesi, la situazione veniva riassorbita, perché non si può rimanere sempre bambini di 9 anni, ma si diventa adolescenti e poi ragazzi, che iniziano ad affrontare le vere difficoltà della vita, le prime, per loro. In altre parole quasi tutti si organizzavano e riuscivano a fare quanto richiesto e capivano il meccanismo nuovo. Non tutti, ovviamente, perché non tutti sono destinati a diventare medici, o notai, o agricoltori, o commessi o cuochi. Non tutti perché siamo diversi, per fortuna, ed abbiamo attitudini che si svilupperanno in diverse competenze, e tutti ne abbiamo di nostre, nei mille campi possibili, assolutamente tutti. Ma non tutti sapranno risolvere un’equazione di secondo grado con due incognite, o sapranno parlare speditamente in tedesco, o fare due vasche in piscina a tempi da record provinciale. Non tutti, ma ognuno qualcosa sì.
Una polemica durata anni ha coinvolto, nella mia ex-scuola, docenti e genitori che volevano essere liberi il sabato, ad esempio per fare un giro in camper senza l'assillo di compiti. E i genitori ad insistere che 5 giorni devono bastare sia per la scuola che per i compiti a casa, sia per la catechesi che per il corso di fisarmonica, sia per i tre allenamenti di calcio che per l’attività con gli scouts.
Ed io a spiegare che è solo un fatto di scelte, di stabilire le priorità, di dare alla scuola il primo posto, oppure il secondo, il terzo, il quarto o il quinto. Speravo non dal sesto in giù perché in quel caso mi rifiutavo di pensare che dicessero sul serio.
Non difendo la scuola in assoluto. Quando mai. So quanto possa essere ingiusta e dannosa in certe situazioni, ne vedo la burocrazia spersonalizzante, so che gli insegnanti possono essere cattivi maestri, e non ho digerito ancora la regionalizzazione dell’insegnamento, perché per me ogni ragazzo dovrebbe avere le stesse opportunità di istruzione in qualsiasi luogo italiano risieda. Ma il danno è ormai stato fatto, e i test Ocse-Pisa confermano la disparità inaccettabile tra nord, centro e sud Italia.  Io ho lavorato in una regione fortunata, ricca, il Trentino – Alto Adige, che ha potuto investire in strutture scolastiche, in educatori ed in corsi di aggiornamento per insegnanti somme ingenti, che ha sopperito con assistenti educatori provinciali alle carenze dello Stato, che ha informatizzato quasi capillarmente ogni Istituto, dotando migliaia di aule di LIM, le lavagne interattive collegate in rete per un approccio nuovo alla didattica.  Ho avuto la soddisfazione di vedere i miei alunni di terza media classificarsi, in matematica, alcuni anni, fa tra i primi a livello provinciale, cioè tra i primi in Italia, al livello dei paesi nordici. Ma non è stato merito mio, non lo penso per nulla, bensì dell’organizzazione scolastica più attenta e con maggiori disponibilità, dei genitori che ho avuto la fortuna di incontrare, della serietà dei ragazzi, della loro preparazione avuta già a partire dalle elementari, facendo i compiti e studiando. Io, in un'altra scuola, in un'altra regione, non avrei avuto questa piccola soddisfazione, ne sono assolutamente consapevole.
Ed allora compiti a casa sì o no? Io la facevo semplice. Chi voleva li faceva, e ne vedevo i risultati nelle verifiche. Chi non voleva o non poteva, a me bastava che portasse anche solo una riga scritta dai genitori che giustificasse tale situazione, perché è responsabilità primaria dei genitori l’educazione dei figli, non certo degli insegnanti, che sono solo dei professionisti ma in fondo degli estranei, che non possono sostituirsi a madre e padre o parenti. E cosa succedeva con chi non faceva i compiti? Prima di tutto cercavo di colmare alcune difficoltà direttamente in classe, anche se limitatamente. Poi, se possibile si organizzavano attività di recupero, di ripasso, di lavoro pomeridiano o direttamente a scuola o, se ciò non si poteva fare, attraverso una delle numerose organizzazioni disponibili a seguire i ragazzi in difficoltà. Costi? Adeguati alla situazione della famiglia, quindi in certi casi sostenuti anche totalmente dalla comunità. Tra parentesi ricordo che in Trentino i testi scolatici sino al secondo anno di superiori non gravano sul bilancio familiare, ma vengono dati in comodato d’uso, cioè in prestito, alla sola condizione di restituirli, alla fine, in buono stato.
Cosa penso quindi dei compiti a casa? Che qualcuno non ne capisce la bellezza della sfida, che ne sottovaluta l’impegno che poi rende degno ed importante ogni risultato raggiunto, che fa capire che nulla è gratis nella vita, e che tutto e subito è solo uno slogan per minorati culturali.
Io mi sforzavo di far capire che imparare le tabelline ad esempio così: 
3 – 6 – 9 –12 -15…era sbagliato, si perde tempo e si disimpara ad usare la memoria e la mente.  Le tabelline si imparano solo così:
3 x 1 = 3
3 x 2 = 6
3 x 3 = 9
3 x 4 = 12
e così via. In questo modo i calcoli mentali diventano veloci e sicuri, e non serve usare la calcolatrice, perché il nostro cervello funziona anche senza pile e senza Sole.
Ma ora ci si illude che tutto si trovi in rete, che non serva memorizzare nulla, ed alla fine finisce che non si sa neppure chi era veramente Mussolini, e non si realizza che lui ci ha portato le leggi fascistissime, le leggi razziali e ci ha fatto entrare in guerra. Nessuno perde tempo ad approfondire, perché è faticoso. Meglio dar retta al primo che sembra sicuro di quello che dice, perché oltretutto così non si soffre neppure di solitudine. Sono ormai in tanti a farlo. Chissà se a scuola questi hanno fatto i compiti?

PS - I compiti sono per gli alunni, non per i genitori
                                                                                           Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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