Ho insegnato per una vita alla scuola media inferiore; ho
iniziato quando era la SCUOLA MEDIA STATALE, poi ho continuato quando è
divenuta semplicemente SCUOLA MEDIA, ed ho concluso la mia carriera nella SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO, che è la definizione corretta
attuale.
Ho vissuto gli anni nei quali si voleva farla sparire dal
nostro ordinamento scolastico, perché ritenuta l’anello debole di tutto il
sistema, schiacciata tra una scuola elementare sempre perfetta o quasi ed una
scuola superiore già orientata all’inserimento nel mondo del lavoro, e non più
obbligatoria, malgrado il suo compito sia appunto quello di fare da cuscinetto tra età diverse, affrontando un periodo molto particolare per i giovani che stanno crescendo.
Ho visto generazioni di studenti di prima media spauriti,
seduti nei banchi con nuovi compagni, intimoriti da una decina di
professori che si alternavano davanti a loro ad un ritmo che all'inizio non capivano, mentre pensavano ancora con nostalgia ai loro bravissimi due o tre
maestri al massimo, talvolta uno solo, escludendo quello di religione.
Di alcuni di questi ex-studenti ho avuto l’onore di ritrovarmi anni dopo, in classe, i loro figli, ed è stato un piacere reciproco rivederci dopo circa 20 anni, con una certa complicità negli sguardi.
Di alcuni di questi ex-studenti ho avuto l’onore di ritrovarmi anni dopo, in classe, i loro figli, ed è stato un piacere reciproco rivederci dopo circa 20 anni, con una certa complicità negli sguardi.
E sempre, puntualmente, invariabilmente, ostinatamente, i
genitori si sono lamentati che i voti erano più bassi di quelli che i loro
figli ottenevano alle elementari, e sempre, che la quantità di compiti assegnati
a casa era spropositata, che impiegavano troppe ore per svolgere quelli scritti
o pratici e per studiare. E, di nuovo, quasi sempre, dopo alcuni mesi, la situazione
veniva riassorbita, perché non si può rimanere sempre bambini di 9 anni, ma si
diventa adolescenti e poi ragazzi, che iniziano ad affrontare le vere
difficoltà della vita, le prime, per loro. In altre parole quasi tutti si
organizzavano e riuscivano a fare quanto richiesto e capivano il meccanismo
nuovo. Non tutti, ovviamente, perché non tutti sono destinati a diventare
medici, o notai, o agricoltori, o commessi o cuochi. Non tutti perché siamo
diversi, per fortuna, ed abbiamo attitudini che si svilupperanno in diverse
competenze, e tutti ne abbiamo di nostre, nei mille campi possibili, assolutamente tutti. Ma non tutti sapranno
risolvere un’equazione di secondo grado con due incognite, o sapranno parlare
speditamente in tedesco, o fare due vasche in piscina a tempi da record
provinciale. Non tutti, ma ognuno qualcosa sì.
Una polemica durata anni ha coinvolto, nella mia ex-scuola, docenti e genitori che
volevano essere liberi il sabato, ad esempio per fare un giro in camper senza
l'assillo di compiti. E i genitori ad insistere che 5 giorni devono bastare sia
per la scuola che per i compiti a casa, sia per la catechesi che per il corso
di fisarmonica, sia per i tre allenamenti di calcio che per l’attività con gli
scouts.
Ed io a spiegare che è solo un fatto di scelte, di stabilire
le priorità, di dare alla scuola il primo posto, oppure il secondo, il terzo,
il quarto o il quinto. Speravo non dal sesto in giù perché in quel caso mi
rifiutavo di pensare che dicessero sul serio.
Non difendo la scuola in assoluto. Quando mai. So quanto
possa essere ingiusta e dannosa in certe situazioni, ne vedo la burocrazia spersonalizzante, so che gli insegnanti possono essere cattivi maestri, e non ho digerito ancora
la regionalizzazione dell’insegnamento, perché per me ogni ragazzo dovrebbe
avere le stesse opportunità di istruzione in qualsiasi luogo italiano risieda.
Ma il danno è ormai stato fatto, e i test Ocse-Pisa confermano la disparità
inaccettabile tra nord, centro e sud Italia. Io ho lavorato in una regione fortunata, ricca, il Trentino – Alto Adige, che
ha potuto investire in strutture scolastiche, in educatori ed in corsi di
aggiornamento per insegnanti somme ingenti, che ha sopperito con assistenti educatori provinciali alle carenze dello Stato, che ha informatizzato quasi
capillarmente ogni Istituto, dotando migliaia di aule di LIM, le lavagne
interattive collegate in rete per un approccio nuovo alla didattica. Ho avuto la soddisfazione di vedere i miei
alunni di terza media classificarsi, in matematica, alcuni anni, fa tra i primi
a livello provinciale, cioè tra i primi in Italia, al livello dei paesi
nordici. Ma non è stato merito mio, non lo penso per nulla, bensì dell’organizzazione scolastica più
attenta e con maggiori disponibilità, dei genitori che ho avuto la fortuna di incontrare, della serietà dei ragazzi,
della loro preparazione avuta già a partire dalle elementari, facendo i compiti e
studiando. Io, in un'altra scuola, in un'altra regione, non avrei avuto questa piccola
soddisfazione, ne sono assolutamente consapevole.
Ed allora compiti a casa sì o no? Io la facevo semplice. Chi
voleva li faceva, e ne vedevo i risultati nelle verifiche. Chi non voleva o non
poteva, a me bastava che portasse anche solo una riga scritta dai genitori che
giustificasse tale situazione, perché è responsabilità primaria dei genitori
l’educazione dei figli, non certo degli insegnanti, che sono solo dei
professionisti ma in fondo degli estranei, che non possono sostituirsi a madre
e padre o parenti. E cosa succedeva con chi non faceva i compiti? Prima di tutto cercavo di colmare alcune difficoltà direttamente in classe, anche se limitatamente. Poi, se possibile
si organizzavano attività di recupero, di ripasso, di lavoro pomeridiano o
direttamente a scuola o, se ciò non si poteva fare, attraverso una delle
numerose organizzazioni disponibili a seguire i ragazzi in difficoltà. Costi?
Adeguati alla situazione della famiglia, quindi in certi casi sostenuti anche
totalmente dalla comunità. Tra parentesi ricordo che in Trentino i testi
scolatici sino al secondo anno di superiori non gravano sul bilancio familiare,
ma vengono dati in comodato d’uso, cioè in prestito, alla sola condizione di
restituirli, alla fine, in buono stato.
Cosa penso quindi dei compiti a casa? Che qualcuno non ne capisce
la bellezza della sfida, che ne sottovaluta l’impegno che poi rende degno
ed importante ogni risultato raggiunto, che fa capire che nulla è gratis nella vita, e che
tutto e subito è solo uno slogan per minorati culturali.
Io mi sforzavo di far capire che imparare le tabelline ad
esempio così:
3 – 6 – 9 –12 -15…era sbagliato, si perde tempo e si disimpara ad
usare la memoria e la mente. Le
tabelline si imparano solo così:
3 x 1 = 3
3 x 2 = 6
3 x 3 = 9
3 x 4 = 12
e così via. In questo modo i calcoli mentali diventano
veloci e sicuri, e non serve usare la calcolatrice, perché il nostro cervello
funziona anche senza pile e senza Sole.
Ma ora ci si illude che tutto si trovi in rete, che non
serva memorizzare nulla, ed alla fine finisce che non si sa neppure chi era
veramente Mussolini, e non si realizza che lui ci ha portato le leggi fascistissime, le
leggi razziali e ci ha fatto entrare in guerra. Nessuno perde tempo ad
approfondire, perché è faticoso. Meglio dar retta al primo che sembra sicuro di
quello che dice, perché oltretutto così non si soffre neppure di solitudine.
Sono ormai in tanti a farlo. Chissà se a scuola questi hanno fatto i compiti?
PS - I compiti sono per gli alunni, non per i genitori
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
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