mercoledì 29 gennaio 2014

Il seme razzista



Una badante proveniente dall’Ucraina, terra tragica di occupazioni e genocidi in un passato non troppo lontano e sull’orlo di una guerra civile in questi giorni, vede i neri come incivili o furbi, che rovinano le zone e le vie dove vivono.

Una città ha una zona dove gli abitanti di origine non italiana superano di numero gli italiani, gli appartamenti messi in vendita da anni non trovano acquirenti, i residenti nelle zone vicine organizzano spesso serate contro lo spaccio che si diffonde in modo apparentemente inarrestabile.

Una persona intelligente e colta, vedendo che un amico viene superato in un concorso per un posto da medico condotto (alcuni anni fa esistevano) da un laureato del sud Italia non si trattiene dal definirlo “il solito raccomandato meridionale che non ha voglia di lavorare e che viene a rubarci il posto”.

Se metto le calze bianche sono un finocchio, è evidente, non serve neppure spiegare il perché.

Negli anni ‘70 si viene richiamati per il servizio militare obbligatorio, ed in occasione di tale chiamata il giovane che viene dalla cittadina di xxxx si scontra quasi subito con un altro suo compaesano, che sta per finire il suo periodo di ferma. Capisce che è il caso di non interagire troppo con quel personaggio, che piscia nella camerata di fianco al suo letto, che infastidisce chi gli capita a tiro e puzza in modo tale da non poter stargli vicino. Quando si congeda la sua branda e tutto quello che ha usato viene bruciato e quell’angolo disinfettato per giorni con ogni tipo di sostanza. Quel giovane diventa razzista nei confronti dei suoi stessi conterranei.

In una palazzina sfortunata per vari motivi una famiglia con un bambino piccolissimo si ritrova a vivere un paio di anni infernali perché nell’appartamento sotto il loro un imprenditore locale vi alloggia alcuni suoi dipendenti extracomunitari, sulla carta non più di sei. In realtà vi dormono almeno in una dozzina di persone, con un via vai giorno e notte, con musica ad alto volume e discussioni continue che entrano attraverso il pavimento e le pareti non isolate. Talvolta di notte qualcuno di questi, ubriaco, batte contro le ringhiere del balcone, svegliando tutti. Altre volte si accoltellano e l’ascensore ha tracce di sangue umano. Da una vecchia fabbrica usata come dormitorio da altri sfortunati arrivano a decine per usare i servizi dell’appartamento che ha consumi di acqua paragonabili a quelli di una piccola pensione. Tra i residenti di questo appartamento, abusivi e regolari, alcuni compariranno nelle cronache cittadine per liti o fatti di sangue o episodi di piccola criminalità. Altri, invece, sono persone che intendono integrarsi, lavorano sodo, e si faranno una posizione nella loro nuova patria di adozione.

Uno tra i più accesi fautori dell’integrazione interetnica vive in una bella palazzina in un quartiere tranquillo e cerca di far capire a chi vive nelle case popolari che chi sta accanto a loro merita comprensione, che i servizi sociali se ne interessano, che non sono soli, che hanno ragione ma devono anche portare pazienza. La sera torna a riposare nella sua palazzina tranquilla.

I nomadi vivono fuori dal campo-ghetto, desiderano spazi loro, oramai abitano in camper attrezzati e si spostano dove desiderano. Sono nati lì, e ne hanno diritto, non sono estranei o stranieri. Sono nomadi di nome ma non di fatto. Un tempo la terra aveva meno recinzioni, trovavano facilmente dove vivere, erano più accettati. Ora le occasioni di lavoro per loro sono diminuite, la loro cultura non è la nostra, e non intendono accettarla, esattamente come noi non intendiamo trasformarci in nomadi. Un giorno un tale che ha conosciuto questi nomadi, e sa benissimo che alcune delle cose che si dicono di loro non sono solo invenzioni, viene avvicinato perché si vorrebbe la sua firma sotto un documento da presentare in comune contro i nomadi. Quel tale non firma, e non ne ha alcuna intenzione.

Una signora offre ospitalità gratuitamente per alcuni giorni in un suo appartamento ad una donna con due o tre figli, perché questa non sa dove andare a dormire. La donna, dopo poco, si fa raggiungere dal compagno e non vuole più lasciare l’appartamento, offrendosi però di pagare l’affitto. Passa qualche mese e neppure l’affitto viene più pagato, ed iniziano le pratiche per lo sfratto. Alla famiglia non italiana che si è insediata non c’è modo di far capire ragioni, viene condannata a pagare danni che però non paga, e non lascia le stanze che occupa. La proprietaria tenta, durante una visita, di convincere gli abusivi ad andarsene, ma la situazione trascende, si spaventa, si chiude in una stanza e chiama la forze dell’ordine. La famiglia abusiva la denuncia per violazione di domicilio e in questi giorni la proprietaria viene condannata in tribunale, con pena sospesa, ma con una forte multa da pagare.

Il razzismo non esiste, perché non esiste la razza e tutti gli uomini appartengono quindi alla stessa razza.
Alcuni tuttavia non accettano che altri godano dei loro stessi diritti.
Certi vogliono difendere se stessi in modo lecito mentre altri vogliono mantenere privilegi.
Taluni sanno come sfruttare a loro vantaggio le opportunità che offre la legge italiana procurando danno e cattiva reputazione a tutti gli onesti che invece si attengono alle regole.
Poi ci sono quelli che, non essendosi mai spostati dal luogo dove sono nati, sono impauriti da ciò che non conoscono, oppure vivono in una cultura ristretta, che è tutto il loro mondo.
Ma, sopra ogni cosa, quando si attraversano momenti di crisi economica è facile assistere ad una guerra tra poveri.

                                                                     Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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