sabato 31 agosto 2013

La Cultura di Benigni


Vedo il mondo con i miei occhi, e non potrebbe essere altrimenti.
Ho vissuto una vita cercando di trasmettere la conoscenza come un gioco e anche una cosa seria, senza mai dimenticare queste due entità, talvolta incapace di miscelarle nel modo giusto, talvolta inadatto ai trasmettere anche una sola delle due, e fallendo.
Altre volte invece sono riuscito, a modo mio, e con meno capacità, ad imitare alcuni miei maestri del passato, alcuni miei veri maestri. Ed allora ne sono stato felice.
Se mi guardo intorno ora però non so quanto è servito il mio lavoro, a cosa sono servito io. Il mondo è diverso da come lo pensavo e lo penso tutt’ora. Ci sono persone che hanno sofferto ed hanno rischiato, hanno intrapreso attività commerciali di successo, si sono battute con gli altri, e non per questo sono state peggiori di me, anzi. Su di loro si fonda l’economia dell’Italia, non certo su quanto ho fatto io, rimasto in fondo un bambino, nei miei momenti migliori. Non ho mai avuto i piedi per terra, in quel senso, e con gli affari sono sempre stato negato, andando incontro a clamorosi errori di valutazione con alcuni acquisti importanti.

Io però credo ancora che la cultura sia importante, anche la cultura disinteressata, quella che non si raggiunge per i soldi, ma per il piacere estetico di fare una cosa bella, perché la vera cultura è bella. 
La cultura non è noia, mai, anche quando è studio faticoso. Come non è un vero lavoro quello che si fa trovandovi piacere, e come non è vera fatica quella dell’atleta che si allena per raggiungere in modo onesto un risultato. La fatica esiste, è chiaro, ma si dimentica subito dopo averla vissuta, e resta solo la soddisfazione di una sfida vinta.
E leggo che secondo alcuni in televisione o altrove non si trasmette vera cultura, perché chi se ne incarica non ha la preparazione necessaria, perché guadagna per raccontare storie, e magari è impreciso e spesso dice delle vere e proprie bestialità.
Benigni è forse un personaggio sovrastimato, e viene citato dai puristi come un furbo che parlando di Dante o di Costituzione non fa che abbassare il livello culturale, diffondendo idee superficiali e portando acqua solo al suo mulino. Non hanno torto i critici, non tutti i torti almeno. Pure a me vengono a noia certe sue spiegazioni, infarcite di frasi ripetute, sempre le stesse, come se a volte gli mancassero le parole giuste. Ne vedo i suoi limiti, almeno alcuni. Eppure lo difendo, io difendo Benigni.
Difficilmente un professore colto e preparato riuscirebbe a fare i suoi ascolti in televisione, portando via la scena a “Paperissima”, a certi film da cerebrolesi, a Bonolis o a mille altre trasmissioni sul genere citato. Rubare spettatori a questo tipo di trasmissioni è già, da solo, un merito che deve essergli riconosciuto.
Quella di Benigni forse non è Cultura, ma sicuramente parla di cultura, parla di cose serie, non di pettegolezzi o di giochi a premi. Poi certo lui non è il massimo, ma non ci sono alternative vere, e il panorama della televisione non ci offre nulla di meglio al suo posto.

Non tutti la pensano come me, ovviamente, e quindi offro un altro punto di vista. Basta cliccare QUI per leggere.

Andrea Camilleri e Tullio De Mauro invece sul comico toscano hanno un'idea simile alla mia. Ti invito quindi a leggere il loro:

La lingua batte dove il dente duole

                                                                            
                                                                                     Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

3 commenti:

  1. Complessivamente, l'articolo mi piace. Non capisco perché non possa essere considerato vero lavoro quello che procura piacere!

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    1. ''Ci siamo sempre divertiti -ha rivelato Gassman - lo facciamo anche oggi. La nostra e' una professione che non e' mai stata una professione. E' faticosa, ma e' sempre meglio che lavorare''.

      ecco, questa citazione estrapolata da un articolo un pò più lungo che si trova in rete dovrebbe spiegarti il senso del mio pensiero, Guglielmo... :-)

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    2. Aggiungo che sia Camilleri sia De Mauro preferiscono il modo popolare di recitare la Divina Commedia di Benigni a quello impostato di Gassman. Silvano C.

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