venerdì 2 agosto 2013

Due episodi alcolici


Questi due episodi alcolici sono lontani nel tempo, ed anche lontani tra loro nello spazio. Non è prevista una morale finale.

Ero giovane, vivevo in famiglia. Eravamo in sei in un appartamento di una casa popolare a Ferrara, e ci eravamo trasferiti da poco da Porotto. Frequentavo il liceo, non conoscevo molta gente, e mi capitava di fare due passi da solo. Un giorno incontro sotto casa un uomo che barcolla, mi avvicino, ed il suo fiato alcolico quasi mi stende sul posto. Chiedo se posso essere utile, mi guarda interrogativo, gli dico se vuole entrare un attimo in casa per riprendersi, e lui accetta.
Entriamo, mia nonna è stupita e chiede chi sia l’ospite inatteso. Io le spiego in modo poco chiaro mentre lui, sedendosi su una poltrona, per poco non sbaglia il bersaglio ed abbatte un tavolino con ripiano in vetro di poca qualità ma che ai miei piace perché “fa molto salotto”. Mia nonna vede che questa persona non si sente bene,e allora:
-         Vuole qualcosa da bere ? –
Non aggiungo nulla, è sufficiente così, per questo primo episodio.

Diversi anni dopo sono a Trento, neonominato supplente in un Istituto superiore. Anche in quel momento conosco poca gente, lontano dai miei riferimenti, e mi capita di uscire la sera da solo, a fare due passi, in preda ad una leggera depressione perfettamente giustificata dalla situazione. Trento tuttavia, la sera e per chi non ha contatti, è tutto tranne una cura per la solitudine. Almeno per me in quegli anni. Incontro un uomo che barcolla, mi avvicino, ed il suo fiato alcolico quasi mi stende sul posto. Stavolta non lo invito nella mia stanza in affitto, come feci molti anni prima più a sud e più giovane. Decido però che non lo posso abbandonare, e neppure portarlo in un bar per offrirgli qualcosa da bere. A poca distanza c’è una casa di cura con un pronto soccorso. (Trento non è molto estesa, e tutto è facilmente raggiungibile, a piedi).
Sorreggendo l’uomo, magro e con la barba lunga, lo faccio camminare sino all’ingresso. Entro, il personale di guardia mi chiede cosa desidero, io spiego la situazione, mi osservano come se fossi un marziano, confermano che lo conoscono, che spesso hanno avuto a che fare con lui. Mi assicurano che lo terranno in osservazione e mi congedano. Non mi ricordo se mi ringraziano, ho solo la netta sensazione che mi considerino uno che gli ha portato una grana, o una perdita di tempo, mentre loro stavano tranquilli a rilassarsi.
Non so più nulla di quell’uomo, ma tornando alla mia stanza in affitto la depressione aumenta.

                                                                            Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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