Scrivo questo diario giornaliero nel mio bunker, e fuori continua la guerra civile. Per ora mi sono salvato, uscendo con attenzione e limitando progressivamente i luoghi che frequento, ma non sono tranquillo. Ascolto sempre il bollettino, che arriva da fonti governative. Lo faccio con una rassegnazione crescente. Vedo dati e sento commenti. Ascolto i suoni della guerra, anche dal mio rifugio, e ne vedo i segni quando esco. I morti, nel mondo, sembrano ormai milioni, ma nessuno fornisce dati sicuri, solo stime. E le stime cambiano, da paese a paese, e dipendono dai gruppi armati che si fronteggiano parteggiando per un fronte o per l’altro. Non è chiaro cosa diventerà storia e cosa rimarrà solo cronaca, sparendo dal ricordo perché inconsistente. La divisione attraversa le comunità e le stesse famiglie. Nessuno si può ritenere al sicuro in una guerra civile combattuta senza divise. Alcuni comportamenti individuali mi permettono di capire, facendovi attenzione, a quale gruppo appartiene chi incontro, ma non sempre e mai automaticamente.
Devo aspettare che la guerra finisca, che non ci sia più questa morte e che si possa finalmente ricostruire con chi sarà sopravvissuto. Non spero in un mondo migliore, quello no, forse diverso. Sarà necessario scordare e perdonare per ripartire, e probabilmente non sarà più come prima per molte persone. Qualcuno durante la guerra si sta arricchendo, e dopo imporrà ancora di più la sua visione e il suo potere. Come dopo ogni guerra si dimostrerà che era meglio non combatterla, stare tutti dalla stessa parte e tentare di raggiungere un accordo. Ma non si può cercare la pace con chi ti fa morire, sento dire. E intanto resto sempre più spesso nel bunker, sperando di poter vedere la fine della guerra e di contribuire alla rinascita collettiva. Ciao,Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun
problema se si cita la fonte, grazie)
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