Questo è un mese unico e bellissimo. Inizia con tutti i santi e con tutti i morti, e finisce con quel sant’Andrea patrono della città di Riva del Garda, festeggiato dai rivani con una fiera nel suo centro storico.
È
un mese di attesa, porta con sé alcune ricorrenze anche civili ma non può
competere col ricco dicembre. Celebra la castagna, porta al ricordo di ciò che
è stato e meno al progetto del futuro.
Che
sia splendido è solo una mia opinione, è chiaro, ma mi piace spiegartene il
motivo, anche se lo hai già intuito prima ancora che io abbia avuto modo di
scrivere l’ultima riga di queste mie riflessioni. Non so se tu condividi la mia
idea, che in sintesi è questa: novembre è stato il tuo ultimo mese intero che
hai vissuto su questa terra (terra che un po’ ho iniziato ad odiare con
trasporto e un conseguente maggior distacco rispetto ad alcune sue
manifestazioni).
Quindi
novembre è bellissimo, perché tu c’eri.
Sicuramente
tu mi vorresti sommergere di critiche, di osservazioni, di tue giustissime
considerazioni, ed avresti certo ragione. Molte le conosco con certezza: tu
soffrivi, speravi senza speranze, dovevi distaccarti e non ne volevi accettare
la crudeltà, vedevi attorno cose che ti sarebbero sopravvissute, persone che
avresti perso, vita che si stava spegnendo, lentamente ma troppo in fretta. E cosa
ci potrebbe mai essere di bello in tutto questo? Nulla, effettivamente, lo ammetto,
a parte la cosa essenziale che ho già ricordato. Tu c’eri.
Puro
egoismo il mio, è così. Godere della presenza di chi soffre credo sia malato. Camminare
accanto ad un ospedale e ricordare con nostalgia quando ci andavamo assieme o
ci venivo per trovarti non è comportamento da sani di mente. La stessa fiera di
sant’Andrea del resto, la primissima che vivemmo assieme, la visitammo in
ritardo perché prima ti accompagnai ad una visita in un ospedale ortopedico
quel pomeriggio, e il mese di novembre richiama ricordi che mi riportano per
molte vie a te. E li mescolo uno con l’altro.
Il
piacere ed il dolore si fondono in un sentimento che non distinguo a cosa
assomigli. Anche negli ultimi giorni del mese di novembre dello scorso anno
ancora potevo far progetti con te, e tu li facevi. Ancora trovavo il tempo per
litigare con qualcuno sui social, qualcuno che non mi ha capito e che ho fatto
bene a lasciare. Nessun pentimento. Tu c’eri, ed avevo paura di perderti, lo
dicevo e avevo paura di dirlo. Lo anticipavo e fingevo di non averlo fatto.
Sono
obsoleto, Viz, come un vecchia ferraglia hardware superata dai tempi che
impongono nuovi strumenti, protocolli innovativi, cancellazione di antiche
procedure per passare all’ineffabile ed inafferrabile precarietà del presente. Tu
mi avevi programmato e funzionavo benissimo, malgrado tutto. Mi inceppavo e poi
ripartivo.
Ora
non sono aggiornato da tempo, procedo con attenzione e mai sufficiente prudenza
in un mondo nuovo e pieno di insidie contando su quanto ho appreso prima, e riutilizzando
modelli utili un tempo, certo, ma ora non so più quanto. Nessun rimpianto per
certi versi, ma solo il desiderio di essere riprogrammato, per girare meno a
vuoto. E aspetto che tu, in qualche modo, dopo aver avuto la prova che un
computer non esplode se semplicemente si tocca la tastiera, mi dia la dritta
per un software adatto da installare che mi risolva i problemi attuali, o che
inizi a darmi risposte.
Anche
questo novembre è magicamente e stupidamente bello, in modo incosciente,
irrazionale ed ottimista, distaccato ma presente, pieno di piccole contrarietà
e di vita che non sa fermarsi, neppure dopo la morte. Ciao, Viz.
Silvano
C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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