Non voglio morire, non
è giusto.
Non voglio che succeda,
non è giusto neppure per me.
Non è giusto adesso,
dopo anni che aspetto la pensione, adesso…
Ed io cosa farò senza
di te? Io dovevo e volevo e pensavo che sarei morto prima di te.
Stamattina
sei venuta ancora una volta, e mi hai colpito come non pensavo, dopo tanto
tempo, quasi un anno. Non mi hai detto nulla di consolatorio, nulla di piacevole. Io pensavo
che col tempo le ferite si potessero curare, non è vero. Si curano le ferite
che si vogliono superare, si scordano le cose o le persone che si desidera
scordare, si dimentica la vita che si vuol dimenticare, o che si può dimenticare,
ma non la parte essenziale e più importante.
Si
può certamente fuggire altrove, dove la vita costa meno e vivere da signori, o
ci si può stordire con altro, ma è dura se tutto questo non si desidera farlo.
E poi io cosa potrei
fare senza di te? Io la farei finita se potessi, se non avessi responsabilità
nei confronti di altri. Non mi sento più fortunato o più ricco solo perché resterò
vivo dopo.
Devo andare…
Sei
tornata, abbiamo parlato, poi te ne sei andata. Io sono rimasto come un idiota,
qui, col compito di non scordare. Non potrei farlo, a costo di far solo quello,
e chi non mi vuol capire si impicchi, chi non può dirmi altro vada altrove, per
la sua strada. Io vivo benissimo, si fa per dire, anche da solo, ma con te.
Ieri,
giornata della commemorazione, non sono venuto ma ho festeggiato a modo mio,
andando a cena in un posto dove non ero mai stato. Ti sarebbe piaciuto, fai
conto di essere venuta con me, per quanto è in mio potere.
Più
tardi ti ho vista nello specchietto retrovisore. Ho guardato meglio. Era un’altra
persona che stava passando. Forse ti sei solo nascosta una volta che ti avevo
notata.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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