Ciao,
Viz, è un nuovo giorno, mi manchi come sempre, il cammino continua ed il mio
dialogo prosegue ininterrotto ormai da undici mesi. Tu mi rispondi, a modo
nostro. Non riusciamo a farci quelle belle e liberatorie litigate occasionali
su temi secondari, quelle mi mancano. Mi manca il tuo commento ai fatti di ogni
giorno, solo il tuo, insostituibile, ma di questo me ne sto facendo una
ragione. Certi problemi che un tempo mi toglievano la calma mi scorrono sopra
come l’acqua sulla cera. Non mi bagnano, neppure mi cambiano l’umore, sono
grane-repellente, per certi versi. Partecipo a discussioni e capisco che
si parla di cose importanti, che andranno affrontate e risolte, ma allo stesso
tempo non avverto il bisogno di sentirmi coinvolto emotivamente.
Mi
rendo conto poco a poco che noi non ci annoieremo mai come vecchi davanti alla
tivù, non ci intristiremo nel vederci proiettati in un futuro che non sa cosa
farsene di due residuati del passato, non ci vedremo passare davanti le cose
che abbiamo vissuto né vedremo assieme come andrà a finire. Assieme non faremo
più nulla, se non questo che io mi rifiuto di abbandonare.
E
non è una consolazione, direi piuttosto uno scopo di vita, mia, e quindi pure
tua. Entro i limiti che mi consente la logica ed il pensiero razionale.
A
volte credo che qualcuno si chieda il motivo di tutto il mio scrivere in un
diario pubblico come questo, ormai quasi dedicato per intero al nostro dialogo
per forza - anche se contro la nostra volontà - a distanza.
Pavoneggiarmi
per quanto sono (o sono stato) bravo e fedele? No, assolutamente. Mi ritengo
una persona piena di difetti, e anche di colpe. No, non è per questo.
Ricordarti
perché eri-sei una persona eccezionale? Neppure questo è corretto. Tu eri-sei
normale, nulla di eccezionale se non per me, non meriti una targa pubblica su
una strada o un edificio, e neppure io, quando verrà l’ora. Meriti che io non
dimentichi nulla perché è giusto, solo questo, ma solo per me.
E
allora? Allora nulla. Qui tocco una problematica generale ed universale, che ci
trascende, ammesso che noi possiamo essere presi ad esempio della condizione
umana. Ma neppure di questo sono certo, anzi, certamente esagero. Ammetto di
contraddirmi anche con me stesso. Capirò
col tempo.
Non
penso poi a fare confronti con altre, sarebbe cosa inutile e sbagliata. Come non
credo di poter recuperare mai più quello che siamo stati, in nessun modo. Del futuro
non ho certezza, so solo che mi spetta una parte di cammino, ancora, non so
quanto lunga, ma devo continuare a camminare. Ed intanto, anche quando non ho
modo di scrivere, ti penso e dialogo con te. Esattamente ogni giorno. Precisamente
da undici mesi. Certamente alla ricerca di qualche cosa di impossibile. Ma, sinceramente,
io non sono adatto alle cose facili. Mi annoiano.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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