mercoledì 9 ottobre 2013

Un montanaro di città


Vive in un luogo, ma pensa ad un altro. Si sposta nell’altro, e ripensa al primo. Per lunghi anni ha mescolato luoghi e persone, ha tentato una sintesi, si è spostato, ha visitato ed ha intessuto rapporti, facendo incontrare persone tra loro diverse.
Per una brevissima stagione è pure stato un fulcro, un centro di contatti, prima dell’era internet e prima ancora dei cellulari, quasi prima dei telefoni fissi a diffusione nazionale. In quella breve stagione ha maturato ed indagato i meccanismi dell’attrazione e dell’interesse, in modo non del tutto interessato, o non interessato come tanti altri almeno.
La sua motivazione ufficiale era organizzare uscite culturali, pianificare a tavolino la prenotazione di quel balletto a Rovigo, o di quella recita al Comunale di Ferrara. I luoghi non erano mai troppo lontani, ma a volte neppure vicinissimi. Così ha portato una, due o più auto di amici e conoscenti in giro per la provincia di Ferrara o nelle province vicine. Non era solo nell’organizzazione, ma per quel breve periodo è stato lui il motore.
In seguito ha voluto unire mondi lontani ma non troppo, Emilia e Trentino. Non gli costava, il lavoro era ancora un divertimento, e spostarsi anche con la nebbia non lo spaventava.
Ma gli anni passavano, gli impegni e le scelte poco a poco hanno iniziato a lasciare il segno, a lasciare spazi vuoti, a far cadere l’interesse. Non era sicuramente vecchio quando, la sera, volendo avere ancora una vita sociale e culturale, gli capitava di addormentarsi in pubblico, in loggione a teatro, oppure ad una conferenza sui funghi, nell’ilarità di chi se ne accorgeva.
Ha realizzato di essere diventato un montanaro, ma di città. Un montanaro non da grandi vette o lunghe traversate, ma un montanaro solitario che non ama la solitudine dei boschi, ed un cittadino che non ama l’affollamento.
In spiaggia il montanaro ora non cerca le file ordinate di ombrelloni ed i servizi, ma lo spazio libero, a non troppa distanza dagli altri.
Quel montanaro, che ama l’affabulatore buono che lo fa sognare e non lo inganna, ma che si annoia appena si rende conto di un interesse nascosto sotto quel raccontare, ammira la pace che scorge in altre persone, anche se ha capito che nessuno è veramente in pace, e, se anche fosse così, che la pace raggiunta ha dovuto pagare il suo prezzo.
Forse è l’io diviso il suo problema, un male di moda, una sindrome diffusa.
E come un vero montanaro ora parla un po’ meno. Per fortuna non è più tenuto a farlo per motivi di lavoro, e recupera, in certe momenti, il tempo perduto.


                                                            Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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