Pierre il pasticciere, attuale titolare della pasticceria “Pierre”, nipote di quel Pierre Maritoux che aveva aperto la prima, ed unica, pasticceria a Bessamorel, si accinge come ogni martedì ad alzare la serranda della sua vetrina dopo il tradizionale giorno di chiusura del lunedì. Lo fa ormai da 34 anni, da quando ha preso il posto del padre, Michael, che a sua volta aveva sostituito suo nonno, Pierre, nel 1957.
Già suo nonno, sin
dall’inizio, aveva abbinato all’attività di pasticcere quella di fornaio, senza
la quale non avrebbe avuto alcuna possibilità di mantenere aperto
ininterrottamente tanto a lungo, per oltre 60 anni. Ma fare il fornaio, a
Pierre, non è mai piaciuto, come a suo nonno del resto. Lui ormai ha lasciato
il compito di preparare e sfornare il pane ad Andrè e preferisce preparare
dolci: infinite varietà di biscotti, piccole torte dolci e anche salate,
confetti e magnifici cioccolatini. Poco a poco si è fatto un nome nelle zone
vicine della regione, e la domenica sono in molti che vengono da Yssingeaux e
addirittura da Le Puy-en-Velay o ancor da più lontano per acquistare una
confezione dei suoi biscotti o dei suoi cioccolatini con la scusa di fare una
piccola gita in auto e vedere la campagna.
Da quando è rimasto vedovo,
del resto, e con l’unica figlia sposata che vive a Lione, fare il pasticcere è una delle poche cose che lo interessa e ancora lo diverte.
Ha i suoi fornitori di fiducia, in
particolare per i prodotti deperibili, come burro, latte, uova e frutta. Come
ogni mattina dei giorni feriali, circa mezz’oretta dopo l’apertura, Renè
Arpignon gli porta le uova dalla sua fattoria, percorrendo il tragitto di un
paio di chilometri con la sua vecchia Clio ormai più che maggiorenne. Si
salutano con poche parole, Renè prende il contenitore vuoto e poi riparte
mentre Pierre porta nel retro il contenitore pieno di uova fresche appena
ricevuto.
Dietro il banco a servire i clienti
rimane lui, sino alle nove, e poi arriva Amandine, che resterà per il resto
della giornata, sino alla chiusura, verso le cinque del pomeriggio. Dalle nove
lui si ritira nel suo laboratorio, sul retro, da solo, perché Andrè è già andato a casa da diverse ore. E allora
finalmente si sente bene, ritorna il ragazzino che si divertiva a preparare
ghiottonerie ed a stupire gli amici con le sue invenzioni, e comincia ad
impastare, tagliare, decorare, cuocere e fondere, dare forme e colori e sapori
alle sue idee.
Quando
viene l’ora, come d’abitudine, prepara qualcosa di veloce direttamente in
laboratorio e invita poi a mangiare con lui Amandine. Se arriva qualcuno non ha
problemi ad alzarsi lui per andare a servire, perché non vuole che lei
interrompa il suo pasto. La conosce da una vita, sono quasi coetanei, lei ha
solo due anni di più, lavorava lì già ai tempi di suo padre e la considera una
sorella maggiore più che una dipendente.
Dopo
continua ad infornare, a disporre su ampi vassoi e poi a confezionare i dolci
già pronti, e solo quando le scatole piccole e grandi con il marchio della
pasticceria sono impilate ed ordinate finalmente si sente appagato, saluta la
donna che resta dietro il bancone e se ne va a fare due passi, se il tempo lo
permette, magari con una piccola sosta al cimitero, oppure se ne torna a casa,
a leggere o libri di cucina o romanzi gialli, dei quali è un divoratore
accanito.
Quando
viene il fine settimana i clienti sono più numerosi del solito, e le confezioni
che lui ha preparato per 4 giorni sembrano andare via come portate dal vento
del nord. La domenica, al momento della chiusura, le scorte sono quasi
esaurite. È soddisfatto, Pierre, almeno sino alla sera del martedì successivo, quando, dopo diversi
ricoveri per nausea, vomito e dolori intestinali, si scopre che la causa di
tanto trambusto, per fortuna senza conseguenze gravi per nessuno, sono stati i
biscotti della pasticceria “Pierre”. Tutti quelli che hanno avuto malesseri
hanno infatti consumato quei biscotti.
È
una catastrofe. La pasticceria viene prima invasa dagli specialisti della
gendarmerie e poi chiusa dalle autorità, per un minimo di tre mesi. Pierre si
ritrova incriminato per grave negligenza e attentato alla salute pubblica.
Rischia il carcere, e sicuramente una grossa multa. La sua vita è rovinata,
finita. Il piccolo paese di Bessamorel resta senza il suo unico
forno-pasticceria e nessuno può dire se potrà riaprire.
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Ecco, qui finisce la storia
drammatica per quello che ci è dato sapere oggi, e finisce con un disastro, una
catastrofe. Tuttavia, poiché la storia in
realtà è destinata in qualche modo ad andare avanti, ed i suoi protagonisti,
l’interprete principale e tutti i personaggi di contorno, continuano a vivere
in quella regione della Francia, io mi sposto avanti nel tempo, arrivo al 2015
e vi racconto cosa è successo in questi due anni.
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Etienne
Grazac il mattino di lunedì avverte una fortissima nausea, sudori freddi e un
tale senso di malessere da indurlo a chiamare il soccorso medico. Nel giro di
poche ore è trasportato nell’ospedale di Le Puy-en-Velay, sottoposto a lavanda
gastrica e poi tenuto in osservazione per tre giorni. Il suo previsto viaggio a
Grenoble sull’auto con autista della ditta per affari legati alla sua casa
editrice non può aver luogo. Al suo posto deve andare il suo vice, che è
l’unico in grado di sostituirlo in quel compito delicato. A 10 chilometri
dall’arrivo un camion, in una curva, invade per l’eccessiva velocità la corsia opposta
e l’auto si schianta contro il mezzo pesante quasi senza segni di frenata.
Entrambi gli occupanti muoiono sul colpo.
Pierre
viene condannato a pagare una multa altissima ed un risarcimento a tutti i suoi
clienti colpiti dal malessere dopo aver consumato i suoi dolci: 16 in
tutto. Si salva per poco dal carcere, ma deve vendere ogni cosa per saldare i
suoi debiti, e praticamente è ridotto sul lastrico. Viene accolto in casa dalla
figlia, e deve lasciare il paese dove è nato e dove ha vissuto tutta la vita.
Il
padre di Etienne, il vecchio Grazac, vede come un segno del destino il
malessere che ha colpito il figlio, e che gli ha salvato la vita impedendogli di
salire sull’auto quel giorno. Convince Etienne a rifiutare il risarcimento
che gli viene offerto dal tribunale e a non presentarsi neppure come parte lesa.
Solo un anno dopo viene a conoscenza della situazione nella quale si trova il
vecchio pasticcere dopo la vicenda giudiziaria, e, prese informazioni dirette grazie ad un suo poliziotto
privato, scopre che la causa di quei malori non è stata la condotta di Pierre, ma il comportamento scorretto del suo
fornitore di uova, del quale il pasticcere si fidava, e che nel processo non è
stato praticamente ed assurdamente mai citato.
Grazac
prende contatti col pasticcere, a Lione, prima con una telefonata e poi con un
appuntamento in un caffè cittadino. La sua proposta è strana e sulle prime
lascia Pierre stupito. Gli suggerisce di scrivere un libro, magari sotto
pseudonimo, per raccontare la sua vita trascorsa a preparare dolci, gli dice che può scrivere ricette e
piccoli segreti, gli offre insomma la possibilità di fare qualcosa di utile, e
di non pesare più sulle spalle della figlia, se il progetto avrà successo. Una volta pronto il lavoro, avrebbe
pensato a tutto la casa editrice, senza alcuna spesa a carico dell’autore, ma
con un’ottima percentuale di guadagno sugli incassi dopo la vendita.
Pierre
non ha nulla da perdere, accetta e prova a scrivere. Si rende conto che gli viene
facile, riuscendo finalmente a dire le cose che teneva dentro di se da troppi
mesi, a sfogarsi, ad essere se stesso insomma, e in un modo diverso da
prima, ma ugualmente gratificante.
Il
manoscritto che il pasticcere scrive quasi di getto, anche se non propriamente
perfetto per essere pubblicato, passa ad un correttore di bozze in gamba che lo
aggiusta senza però snaturare quello stile istintivo e primitivo di
comunicazione, e nel giro di 7 mesi un nuovo e particolare libro di cucina e di
filosofia di vita, nascosta sotto le riflessioni di un pasticcere ignoto al
pubblico, Auguste Pertinel ,viene pubblicato, dopo una discreta ma efficace
pubblicità locale.
Una
televisione locale lo presenta, ed è Etienne Grazac che va negli studi per la
registrazione della trasmissione, rimanendo assolutamente misterioso
sull’identità reale dell’autore, descrivendolo semplicemente come uomo poco
avvezzo ai contatti con i media e geloso della sua privacy. Racconta però che è una vera scoperta nel campo specifico e che tuttavia difficilmente il suo lavoro si può ridurre ad un genere lettarario, prova
ne è che quel libro risulta assolutamente unico nel panorama editoriale.
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Inutile
proseguire, ora, perché il libro alla fine raggiungerà una diffusione a livello
nazionale, permetterà a Pierre di recuperare sia la fiducia in se stesso che
l’indipendenza economica che aveva perso. Rimane aperta solo la questione se
scriverà altri libri, dopo questo successo, se saranno magari sullo stesso
genere, e se lui tornerà a Bessamorel o rimarrà a Lione, magari non più in casa
della figlia, ma in una casetta in periferia con un piccolo giardino. Io penso
che alla fine preferirà il suo paesino di poche anime, dove, passeggiando come
ai vecchi tempi, potrà recarsi ogni giorno a trovare chi lo sta aspettando,
senza fretta.
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
Bella prosa. Piacevole, scorrevole.
RispondiElimina@giuanne67
Grazie, ti sono grato di queste parole.
EliminaSilvano C.