venerdì 18 ottobre 2013

Flavor Residence 2


Inizia dalla prima parte, se non l'hai ancora letta.
(Di come prosegue la storia con Profumo Di Mare, Mitezza, Eva ed Adamo, Quasiamodo, il signor Auguste Lefou, Gigliolo Unamico, la signora Guardami, Mister Big e altri personaggi che ancora non conosciamo nel racconto di Mathias Cuisiner, l’io narrante)

Dopo quella notte, sino ad oggi, Mister Big non ha più richiesto i miei servigi. Cercando di indagare con discrezione su di lui con Quasiamodo sono riuscito a scoprire che proviene da un paese asiatico non meglio precisato, che controlla miniere di flexite e strolobio 104 in Cile, che ha un florido commercio di sete bergamotte e possiede la più vasta collezione di monete preziose antiche di tutto il continente. Della sua ricchezza già sapevo, quello che Quasiamodo ha aggiunto e che potevo solo sospettare è che sulle origini della sua fortuna circolano molte voci non confermate di loschi traffici e che è sempre circondato da una schiera di donne stupende, di ogni provenienza e colore della pelle, ma che difficilmente si vede in luoghi pubblici con tali accompagnatrici, e che pure nel residence solo pochissimi hanno avuto occasione di ammirarle, tanto che si dubita che possa essere una leggenda.

In compenso ho iniziato di nuovo, timidamente ma senza conseguenze o lettere spiacevoli, a spiare ogni tanto Guardami. Devo limitare la mia curiosità prima che diventi una vera ossessione o una chiara perversione. Non che abbia qualcosa contro le perversioni, sia ben chiaro, che ritengo anzi essere il sale della nostra breve esistenza, solo che vorrei dar corpo alle mie fantasie sessuali, e non limitarle solo alla vista e all’udito. In ogni caso Guardami sembra capire quando inizio a osservarla, questo l’ho già scritto, ed ogni volta sembra creare per me uno spettacolo adatto al tempo che intendo dedicarle, come se prevedesse anche questo. Ed è inoltre chiaro che ricava da tutto questo un piacere molto evidente, che mi mostra in mille modi. Per me è stata Giuditta, Jeanne d’Arc, una danzatrice di lap-dance, una nudista a Cap d’Adge, e persino Cleopatra. Ogni volta il suo appartamento diveniva quel luogo, quell’ambiente preciso adatto al personaggio, e come ciò possa avvenire rimane per me un mistero. Di lei per ora non aggiungo altro.

Ora vorrei tornare indietro, all’antefatto, per così dire, e raccontare di come sono arrivato a Flavor Residence, o meglio, di come sono stato assunto per la mansione che svolgo ora dal presidente del Club degli Scacchi, che tra gli obblighi della carica ha pure quella di gestione del Residence. In realtà nulla di degno di nota riguarda le prime fasi della mia ricerca di impiego, quando per molti mesi dopo la laurea mi ritrovai a vivere sulle spalle dei miei, senza neppure i lavori saltuari che avevo svolto durante gli studi, perché tutti quelli che prima mi davano qualche occasione, ora cercavano ragazzi senza titoli e quindi con meno pretese. 
Nella mia depressione di quei giorni cercai sull’elenco del telefono ditte o imprese che potessero aver bisogno delle mie qualifiche, sfogliai decine di riviste con annunci di ricerca di personale, e mi iscrissi persino ad un partito politico: Risveglio Rosso, RR, vicino alle mie idee, certo, ma con l’ingenua speranza di avere una piccola spinta, un aiuto. Andai pure a varie riunioni, ma smisi dopo poche settimane. Invece di rivoluzione o situazione sociale i dirigenti proponevano discussioni esclusivamente sul come trovare fondi per mantenere la struttura del partito stesso, e la base non aveva quasi mai nessuna obiezione o proposta alternativa. Molti si conoscevano tra loro da anni e si vedeva che stavano bene assieme. Io, ultimo arrivato, mi stancai presto, ed un giorno decisi di lasciar perdere, e semplicemente smisi di andare nella sede.
Avevo iniziato a mandare curricola preconfezionati, con una mia foto, a centinaia di indirizzi, allargando poco a poco il raggio della mia ricerca, sempre più disperata verso la fine. Avevo avuto alcuni colloqui, tutti disastrosi. Avevo tentato di fare il venditore prima di pentole e poi di enciclopedie, ma io non so vendere neppure acqua nel deserto, e non avevo più idee su cosa tentare ancora. Quando uscivo, per risparmiare, andavo solo a piedi e non prendevo più i mezzi pubblici o l’auto, che i miei mi avrebbero pur prestato volentieri, e che quando studiavo usavo spessissimo. In quel momento la rifiutavo.
Con questo stato d’animo ricevetti una mattina una busta a me indirizzata con la risposta alle tante offerte di collaborazione che avevo spedito, era un venerdì 17, ora che ci penso, e il giorno 23 successivo, un giovedì, mi presentai all’incontro che mi era stato offerto senza troppe speranze.
Sinceramente ormai avrei accettato di fare di tutto, a parte il venditore o il killer.
Arrivai all’indirizzo e mi stupii non poco di trovare un club privato: “Il re e la regina”, un circolo esclusivo per giocatori di scacchi. Venni fatto accomodare in una specie di anticamera, perché il circolo vero e proprio era accessibile solo ai soci. L’ambiente mi ricordava quelle che mi raffiguravo essere alcune analoghe istituzioni tradizionali inglesi per soli uomini, e il mio stupore si rinnovò quando venni fatto accomodare nello studio del presidente del circolo, una donna.
Frau Hammer, una magrissima, bionda e sorridente signora attorno alla sessantina alzò appena gli occhi da una pila di carte sulla sua scrivania al mio ingresso impacciato, ma mi disse molto cordialmente di sedermi e di avere solo la pazienza di aspettare un paio di minuti, tanto le serviva per finire la lettura di un documento importante.
-         Mi chiami Lotte, per favore, e mi dica cosa si aspetta da questo colloquio, signor Cuisner - fece appena alzò lo sguardo con un accento vagamente tedesco, ma addolcito da lunghi anni di permanenza nel paese.
Io dissi sicuramente poche stupidaggini senza senso, perché avevo la netta impressione che ogni cosa potessi dire avrebbe avuto poca importanza, e in seguito ne ebbi pure la sicurezza. Aveva preso informazioni su di me, e salvo imprevisti che non si sono poi verificati aveva già deciso di assumermi, se io avessi accettato.
Per un po’ giocò con me chiedendomi se ero disposto a trasferirmi per lavorare, magari oltreoceano, in una filiale di non so quale società. Ma non insistette troppo col sadico-soft, perché mi rivelò presto che il posto di lavoro era in città, e pure a breve distanza da dove abitavo in quel momento. Avrei potuto andare a piedi insomma, se mi andava di fare due passi.
Mi parlò di questo residence, che io sino ad allora incredibilmente non avevo mai sentito nominare, mi spiegò che cercavano una persona di fiducia e che l’orario sarebbe stato notturno. Mi diede pochi altri particolari, e aggiunse che mi avrebbe assunto in prova per tre mesi (che scadono esattamente domani). Io accettati e lei si alzò dalla sua poltrona dietro la scrivania, mi diede la mano, e mi invitò ad iniziare il giorno dopo. Da allora non ho più avuto contatti di alcun tipo con Lotte Hammer, ma la vedrò domani, per la firma del contratto, se avrò superato questo periodo di prova.

Domani lo faccio, giuro che lo faccio. Dico a Mitezza che ha un bel culo. Non esattamente così, credo, con queste parole, ma devo dirglielo. Mi piace, credo di esserle simpatico, al massimo si metterà a ridere dicendo che sono scemo.

Nei monolocali e negli appartamenti del Flavor vive un’umanità varia, alcuni da tempi immemorabili, altri da meno tempo. Uno degli ospiti più anziani è Juan Juventud, che non esce mai dalla sua stanza, allettato e praticamente moribondo da anni, visitato e accudito giorno e notte da una schiera quasi infinita di mogli, concubine, amanti, figli, nuore, nipoti, e amici che non lo lasciano solo un istante, perché è probabilmente l’ultimo.
È ormai incapace di riconoscere chi ha di fronte, anche se spesso ha momenti di lucidità folgorante e maligna, a detta della figlia Conception. È stato uno dei primi casi storici registrati nel paese di malattia di Alzheimer e il suo nome è citato in vari manuali di patologia e di geriatria. Con cadenza quindicinale un gruppo sempre diverso di laureandi di varie università dell’America latina, accompagnati da relatori che si assomigliano tutti, viene a fargli visita.
Non ho mai saputo di nessuno più attaccato alla vita del signor Juventud. Mitezza mi racconta che tratta male tutti, offende in modo pesante, fa allusioni oscene e a volte racconta cose che dovrebbero restare segrete e che non si sa come lui conosce. Più di una coppia si è separata dopo averlo visitato. Non sembra neppure ricco e le spese per la sua permanenza nel residence la pagano tutti i parenti, suddividendosela. Sono in tanti, non hanno problemi. Lui fa paura a tutti, questo mi è chiaro. E a parte Mitezza nessun altro del personale se la sente di entrare nelle sue stanze. Si, Mitezza è proprio una ragazza notevole.

Ora sono le 4 di notte. È uno dei momenti più tranquilli. In strada il traffico è quasi assente, e nel residence tutto tace. Sono accese solo le luci basse nei corridoi e nel parco esterno. Domani alle 11 ho l’appuntamento con Lotte, ho qui davanti il biglietto su carta intestata con il semplice invito: luogo, data, ora e  firma. Nulla di superfluo. So che mi ha controllato in questi 3 mesi, ma io non ne ho avuto assolutamente l’impressione. Mi sono pure limitato moltissimo nell’uso della videosorveglianza interna, in particolare nell’ultimo periodo. Ho ripreso a studiare, vorrei fare qualcosa di diverso, specializzarmi, ma so che i tempi sono difficili per tutti, e questo lavoro è pagato in modo onesto e mi piacerebbe conservarlo per qualche anno. Altri sarebbero felici della fortuna che ho avuto a trovarlo, forse devo smettere di illudermi su chissà quali altre luminose prospettive. Sono adatto a ruoli di questo genere, magari mi piacerebbe poter essere più creativo, questo sì, ma non a gestire in modo autonomo un’attività, un’impresa, magari avere dei dipendenti. Si, vorrei creare qualcosa ma non dovermi battere col mondo per imporre quello che produco, che illusione. Attorno a casa vedo negozi che aprono per un anno e poi chiudono, colpa della crisi, colpa del tipo di prodotto che non ha mercato, colpa dei soldi che non ci sono più come una volta. Non so, forse colpa anche di chi si butta in un’impresa superiore alle proprie forze, senza paracadute. E vedo poi tanti che vengono da paesi vicini, ancor meno fortunati del nostro, che lavorano tutto il giorno, dall’alba al tramonto, ogni giorno della settimana, ignorando diritti sindacali, libertà, lussi e soddisfazioni immediate, ma restano col loro piccolo negozio aperto, non falliscono, ci mettono il sangue e non mollano. Si, ha ragione mio padre, noi giovani dobbiamo imparare che nulla è gratis. E domani firmerò un contratto serio, con Lotte. E la sera, appena tornerò qui, prima che se ne vada via dirò a Mitezza che ha un bel culo. Ma glielo dirò con un piccolo mazzo di fiori.

                                                       (continua qui)


                                                            Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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