Inizia dalla prima parte, se non l'hai ancora letta.
(Di come prosegue la storia con Profumo Di Mare, Mitezza, Eva ed Adamo, Quasiamodo, il signor Auguste Lefou, Gigliolo Unamico, la signora Guardami, Mister Big e altri personaggi che ancora non conosciamo nel racconto di Mathias Cuisiner, l’io narrante)
(Di come prosegue la storia con Profumo Di Mare, Mitezza, Eva ed Adamo, Quasiamodo, il signor Auguste Lefou, Gigliolo Unamico, la signora Guardami, Mister Big e altri personaggi che ancora non conosciamo nel racconto di Mathias Cuisiner, l’io narrante)
Dopo quella notte, sino ad
oggi, Mister Big non ha più richiesto i miei servigi. Cercando di indagare con
discrezione su di lui con Quasiamodo sono riuscito a scoprire che proviene da
un paese asiatico non meglio precisato, che controlla miniere di flexite e
strolobio 104 in Cile, che ha un florido commercio di sete bergamotte e
possiede la più vasta collezione di monete preziose antiche di tutto il
continente. Della sua ricchezza già sapevo, quello che Quasiamodo ha aggiunto e
che potevo solo sospettare è che sulle origini della sua fortuna circolano
molte voci non confermate di loschi traffici e che è sempre circondato da una
schiera di donne stupende, di ogni provenienza e colore della pelle, ma che
difficilmente si vede in luoghi pubblici con tali accompagnatrici, e che pure
nel residence solo pochissimi hanno avuto occasione di ammirarle, tanto che si
dubita che possa essere una leggenda.
In compenso ho iniziato di
nuovo, timidamente ma senza conseguenze o lettere spiacevoli, a spiare ogni
tanto Guardami. Devo limitare la mia curiosità prima che diventi una vera
ossessione o una chiara perversione. Non che abbia qualcosa contro le
perversioni, sia ben chiaro, che ritengo anzi essere il sale della nostra breve
esistenza, solo che vorrei dar corpo alle mie fantasie sessuali, e non
limitarle solo alla vista e all’udito. In ogni caso Guardami sembra capire
quando inizio a osservarla, questo l’ho già scritto, ed ogni volta sembra
creare per me uno spettacolo adatto al tempo che intendo dedicarle, come se prevedesse
anche questo. Ed è inoltre chiaro che ricava da tutto questo un piacere molto
evidente, che mi mostra in mille modi. Per me è stata Giuditta, Jeanne d’Arc,
una danzatrice di lap-dance, una nudista a Cap d’Adge, e persino Cleopatra.
Ogni volta il suo appartamento diveniva quel luogo, quell’ambiente preciso
adatto al personaggio, e come ciò possa avvenire rimane per me un mistero. Di
lei per ora non aggiungo altro.
Ora vorrei tornare indietro,
all’antefatto, per così dire, e raccontare di come sono arrivato a Flavor
Residence, o meglio, di come sono stato assunto per la mansione che svolgo ora
dal presidente del Club degli Scacchi, che tra gli obblighi della carica ha
pure quella di gestione del Residence. In realtà nulla di degno di nota
riguarda le prime fasi della mia ricerca di impiego, quando per molti mesi dopo
la laurea mi ritrovai a vivere sulle spalle dei miei, senza neppure i lavori
saltuari che avevo svolto durante gli studi, perché tutti quelli che prima mi
davano qualche occasione, ora cercavano ragazzi senza titoli e quindi con meno
pretese.
Nella mia depressione di
quei giorni cercai sull’elenco del telefono ditte o imprese che potessero aver
bisogno delle mie qualifiche, sfogliai decine di riviste con annunci di ricerca
di personale, e mi iscrissi persino ad un partito politico: Risveglio Rosso,
RR, vicino alle mie idee, certo, ma con l’ingenua speranza di avere una piccola
spinta, un aiuto. Andai pure a varie riunioni, ma smisi dopo poche settimane.
Invece di rivoluzione o situazione sociale i dirigenti proponevano discussioni
esclusivamente sul come trovare fondi per mantenere la struttura del partito
stesso, e la base non aveva quasi mai nessuna obiezione o proposta alternativa.
Molti si conoscevano tra loro da anni e si vedeva che stavano bene assieme. Io,
ultimo arrivato, mi stancai presto, ed un giorno decisi di lasciar perdere, e
semplicemente smisi di andare nella sede.
Avevo iniziato a mandare
curricola preconfezionati, con una mia foto, a centinaia di indirizzi,
allargando poco a poco il raggio della mia ricerca, sempre più disperata verso
la fine. Avevo avuto alcuni colloqui, tutti disastrosi. Avevo tentato di fare
il venditore prima di pentole e poi di enciclopedie, ma io non so vendere
neppure acqua nel deserto, e non avevo più idee su cosa tentare ancora. Quando
uscivo, per risparmiare, andavo solo a piedi e non prendevo più i mezzi
pubblici o l’auto, che i miei mi avrebbero pur prestato volentieri, e che
quando studiavo usavo spessissimo. In quel momento la rifiutavo.
Con questo stato d’animo
ricevetti una mattina una busta a me indirizzata con la risposta alle tante
offerte di collaborazione che avevo spedito, era un venerdì 17, ora che ci
penso, e il giorno 23 successivo, un giovedì, mi presentai all’incontro che mi
era stato offerto senza troppe speranze.
Sinceramente ormai avrei
accettato di fare di tutto, a parte il venditore o il killer.
Arrivai all’indirizzo e mi
stupii non poco di trovare un club privato: “Il re e la regina”, un circolo
esclusivo per giocatori di scacchi. Venni fatto accomodare in una specie di
anticamera, perché il circolo vero e proprio era accessibile solo ai soci.
L’ambiente mi ricordava quelle che mi raffiguravo essere alcune analoghe
istituzioni tradizionali inglesi per soli uomini, e il mio stupore si rinnovò
quando venni fatto accomodare nello studio del presidente del circolo, una
donna.
Frau Hammer, una magrissima,
bionda e sorridente signora attorno alla sessantina alzò appena gli occhi da
una pila di carte sulla sua scrivania al mio ingresso impacciato, ma mi disse
molto cordialmente di sedermi e di avere solo la pazienza di aspettare un paio
di minuti, tanto le serviva per finire la lettura di un documento importante.
-
Mi chiami Lotte, per favore, e
mi dica cosa si aspetta da questo colloquio, signor Cuisner - fece appena alzò
lo sguardo con un accento vagamente tedesco, ma addolcito da lunghi anni di
permanenza nel paese.
Io dissi sicuramente poche
stupidaggini senza senso, perché avevo la netta impressione che ogni cosa
potessi dire avrebbe avuto poca importanza, e in seguito ne ebbi pure la
sicurezza. Aveva preso informazioni su di me, e salvo imprevisti che non si
sono poi verificati aveva già deciso di assumermi, se io avessi accettato.
Per un po’ giocò con me
chiedendomi se ero disposto a trasferirmi per lavorare, magari oltreoceano, in
una filiale di non so quale società. Ma non insistette troppo col sadico-soft,
perché mi rivelò presto che il posto di lavoro era in città, e pure a breve
distanza da dove abitavo in quel momento. Avrei potuto andare a piedi insomma,
se mi andava di fare due passi.
Mi parlò di questo
residence, che io sino ad allora incredibilmente non avevo mai sentito
nominare, mi spiegò che cercavano una persona di fiducia e che l’orario sarebbe
stato notturno. Mi diede pochi altri particolari, e aggiunse che mi avrebbe
assunto in prova per tre mesi (che scadono esattamente domani). Io accettati e
lei si alzò dalla sua poltrona dietro la scrivania, mi diede la mano, e mi
invitò ad iniziare il giorno dopo. Da allora non ho più avuto contatti di alcun
tipo con Lotte Hammer, ma la vedrò domani, per la firma del contratto, se avrò
superato questo periodo di prova.
Domani lo faccio, giuro che
lo faccio. Dico a Mitezza che ha un bel culo. Non esattamente così, credo, con
queste parole, ma devo dirglielo. Mi piace, credo di esserle simpatico, al
massimo si metterà a ridere dicendo che sono scemo.
Nei monolocali e negli
appartamenti del Flavor vive un’umanità varia, alcuni da tempi immemorabili,
altri da meno tempo. Uno degli ospiti più anziani è Juan Juventud, che non esce
mai dalla sua stanza, allettato e praticamente moribondo da anni, visitato e
accudito giorno e notte da una schiera quasi infinita di mogli, concubine,
amanti, figli, nuore, nipoti, e amici che non lo lasciano solo un istante,
perché è probabilmente l’ultimo.
È ormai incapace di
riconoscere chi ha di fronte, anche se spesso ha momenti di lucidità folgorante
e maligna, a detta della figlia Conception. È stato uno dei primi casi storici
registrati nel paese di malattia di Alzheimer e il suo nome è citato in vari
manuali di patologia e di geriatria. Con cadenza quindicinale un gruppo sempre
diverso di laureandi di varie università dell’America latina, accompagnati da
relatori che si assomigliano tutti, viene a fargli visita.
Non ho mai saputo di nessuno
più attaccato alla vita del signor Juventud. Mitezza mi racconta che tratta
male tutti, offende in modo pesante, fa allusioni oscene e a volte racconta
cose che dovrebbero restare segrete e che non si sa come lui conosce. Più di
una coppia si è separata dopo averlo visitato. Non sembra neppure ricco e le
spese per la sua permanenza nel residence la pagano tutti i parenti,
suddividendosela. Sono in tanti, non hanno problemi. Lui fa paura a tutti,
questo mi è chiaro. E a parte Mitezza nessun altro del personale se la sente di
entrare nelle sue stanze. Si, Mitezza è proprio una ragazza notevole.
Ora sono le 4 di notte. È
uno dei momenti più tranquilli. In strada il traffico è quasi assente, e nel
residence tutto tace. Sono accese solo le luci basse nei corridoi e nel parco
esterno. Domani alle 11 ho l’appuntamento con Lotte, ho qui davanti il
biglietto su carta intestata con il semplice invito: luogo, data, ora e firma. Nulla di superfluo. So che mi ha
controllato in questi 3 mesi, ma io non ne ho avuto assolutamente
l’impressione. Mi sono pure limitato moltissimo nell’uso della
videosorveglianza interna, in particolare nell’ultimo periodo. Ho ripreso a
studiare, vorrei fare qualcosa di diverso, specializzarmi, ma so che i tempi
sono difficili per tutti, e questo lavoro è pagato in modo onesto e mi
piacerebbe conservarlo per qualche anno. Altri sarebbero felici della fortuna
che ho avuto a trovarlo, forse devo smettere di illudermi su chissà quali altre
luminose prospettive. Sono adatto a ruoli di questo genere, magari mi
piacerebbe poter essere più creativo, questo sì, ma non a gestire in modo
autonomo un’attività, un’impresa, magari avere dei dipendenti. Si, vorrei
creare qualcosa ma non dovermi battere col mondo per imporre quello che
produco, che illusione. Attorno a casa vedo negozi che aprono per un anno e poi
chiudono, colpa della crisi, colpa del tipo di prodotto che non ha mercato,
colpa dei soldi che non ci sono più come una volta. Non so, forse colpa anche
di chi si butta in un’impresa superiore alle proprie forze, senza paracadute. E
vedo poi tanti che vengono da paesi vicini, ancor meno fortunati del nostro,
che lavorano tutto il giorno, dall’alba al tramonto, ogni giorno della
settimana, ignorando diritti sindacali, libertà, lussi e soddisfazioni
immediate, ma restano col loro piccolo negozio aperto, non falliscono, ci
mettono il sangue e non mollano. Si, ha ragione mio padre, noi giovani dobbiamo
imparare che nulla è gratis. E domani firmerò un contratto serio, con Lotte. E
la sera, appena tornerò qui, prima che se ne vada via dirò a Mitezza che ha un
bel culo. Ma glielo dirò con un piccolo mazzo di fiori.
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
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