Strano nome per un residence, ma in fondo non peggio di altri nomi dati ad alberghi, pensioni o condomini. Io ci lavoro da pochi mesi, la notte, dalle 22 alle 8 di mattina, dietro il bancone della saletta di ingresso che funge anche da guardiola e parafulmine, protetto da un vetro come in certi uffici postali.
Profumo Di Mare rientra per
andare nel suo alloggio poco prima che io inizi il mio turno, dorme quando io
sono sveglio e veglia quando io dormo, come la maggioranza delle persone del resto. Potremmo vivere in due nello stesso mini
senza mai incontrarci, dimezzando le spese di affitto. Devo proporglielo una
volta, ma prima devo scoprire cosa fa. Ci penserò con calma.
Mitezza, che pensa alle
pulizie di tutti gli alloggi e mi racconta segreti e curiosità sugli inquilini,
mi ha portato una busta che ha trovato nel cestino della carta straccia di
Profumo, e dentro c’è un biglietto, con caratteri cinesi, mi pare. Ideogrammi,
o cose simili. Io non ci capisco nulla, ma il biglietto è bello, in carta
speciale, probabilmente carta di riso. Ci farei un quadretto, e farebbe la sua
figura.
Mitezza mi piace, ha una bella figura, minuta, seno piccolo,
occhi grandi, tanti capelli neri ed una carnagione olivastra. Dice che è
originaria delle Antille, di San Armatao, ma non ho trovato sull’atlante e
neppure sull’enciclopedia Total quel posto, paese o isola che sia.
La cosa che mi piace di più
di Mitezza è il suo culo, che parla una lingua che tutti conoscono, e che lei
finge di ignorare, ma poi sorride e sa benissimo che appena mi gira le spalle
la guardo. Devo trovare il coraggio di dirglielo, domani. Si, devo farlo.
Sono quasi le otto, sta per
arrivare Quasiamodo, a darmi il cambio per il giorno, e resterà seduto al posto
che ora occupo io quasi senza muoversi ininterrottamente per 14 ore. Si alza
solo per andare in bagno, ogni 3 ore e mezza precise, oppure per distribuire la
posta, quando arriva, attorno alle undici. Lui, lo so, ama spiare chiunque in
qualunque situazione può raggiungere, ma senza faticare, solo usando le
telecamere a circuito chiuso che sono installate praticamente in ogni locale,
all’insaputa degli ospiti (anche se è un segreto di Pulcinella).
Chi non vuole farsi vedere
sa benissimo come evitare l’occhio elettronico, i modi sono tanti, ma chi
invece trova a sua volta diletto nel lasciarsi guardare, non si fa mancare le
occasioni.
La prima notte confesso che
mi sono messo a guardare, lasciandomi prima di tutto affascinare dalla coppia
dell’appartamento Eden. Eva e Adamo camminavano nudi nelle loro stanze, ed era
un piacere vederli, perché sono sicuramente una delle coppie più belle ed
affiatate che io abbia mai visto. Poi, cambiando una telecamera dopo l’altra,
dopo qualche stanza vuota o buia o con inquilini tranquillamente seduti sui
divani a leggere o guardare la tv, sono arrivato nell’appartamento di Guardami,
la signora esibizionista che poi ho scoperto
lavorare nel Sex Shop statale. Lei mi ha calamitato l’attenzione. Non
racconto cosa ho visto, né le pose che ha assunto la signora, le lascio solo immaginare,
ma era evidente che in qualche modo sapeva (una spia luminosa, un segnale
qualsiasi?) che era osservata. Così ho fatto il giro di tutti gli alloggi,
quella notte, curiosando le intimità che potevo raggiungere. L’alloggio di
Lefou mi è parso il più strano, una specie di discarica, ma ordinata, con
mobili ricavati da botti, scatoloni, pacchi di giornali e pneumatici, ma non ho
visto il signor Auguste, in giro, anche se tutte le luci erano accese, anche in
un ripostiglio.
Mi sono messo a guardare la
prima notte, come ho scritto, ma non mi sono azzardato a farlo la volta dopo.
Al mio arrivo al lavoro il secondo giorno, puntualissimo, Quasiamodo mi ha dato
una lettera da parte dell’inquilino di un appartamento che la prima notte non
ero riuscito a vedere, il N 15, perché quando schiacciavo il pulsante
corrispondente lo schermo diventava nero.
Mentre il mio collega del
giorno se ne stava ancora uscendo ho aperto la busta ed ho letto queste poche
righe:
Gentile ficcanaso, se ti azzardi a spiarmi ancora o a curiosare negli
affari miei o degli altri farai una brutta fine.
Unamico
Inutile dire che per quella notte non mi azzardai ad
accendere nessuna telecamera interna, ma solo quelle di sorveglianza esterna,
ad intervalli regolari. Controllai per curiosità il nome dell’inquilino del N
15: Gigliolo Unamico. Tutto corrispondeva, e lasciai perdere, non volevo né
problemi né perdere il posto. Salutai con un cenno chi passava per uscire o
rientrare, ma senza farmi notare più del necessario. Non conoscevo ancora le
persone che abitavano nel residence, e solo col tempo, poco a poco, avrei
iniziato a capire meglio cosa potevo o non potevo fare. Era meglio tenere un
profilo basso, insomma.
Circa dopo 15 giorni che
lavoravo al turno di notte al Flavor, verso l’una, vidi rientrare la signora
Guardami in compagnia di un giovanotto di almeno 10 anni più giovane. Lei
indubbiamente è una bella signora, non saprei dire esattamente che età possa
avere, e ogni volta che camminava davanti al bancone mi era impossibile non
vederla come l’avevo vista la prima notte.
Non mi ero più azzardato ad
accendere nessuna telecamera interna da quella volta, ma lei passando si
avvicinò al vetro, allontanandosi un attimo dal suo accompagnatore, e mi
sussurrò, a voce bassa:
- Non dia peso a quello che
pensa Gigliolo, caro Mathias, a me non dispiace se lei fa il suo dovere e
controlla quello che avviene nelle nostre stanze…- e si allontanò con un
sorriso allusivo.
Io mi ero organizzato con un
testo di semiologia botanica e lo stavo studiando, perché mi ero iscritto ad un
master universitario a distanza sulle interazioni tra agricoltori e
coltivazioni dal punto di vista psicologico, ma quella donna riuscì a togliermi
la concentrazione. Neppure 10 minuti dopo, mentre tentavo ancora di guardare le
righe del libro senza capire nulla di quello che scorrevo con gli occhi, Mister
Big bussò al vetro, ed io sulle prima non me ne resi neppure conto.
Mister Big è un nano, forse
il più ricco di tutti quelli che stanno nel residence. Io mi sono sempre
chiesto come mai non si trovi una sistemazione più adatta alle sue condizioni
ed al suo livello sociale, ma credo sia semplicemente perché raramente resta
molto a lungo in un posto.
Mister Big bussò una seconda
volta, io mi alzai, e finalmente lo vidi. Da seduto non scorgevo neppure la sua
testa.
Mi fece cenno di uscire, ed
io prontamente mi alzai e in un attimo fui accanto a lui.
- Dovrebbe venire nel mio
appartamento, se non le spiace. Ho un piccolo problema…- e dopo avermi detto
questo mi voltò le spalle e si allontanò, sparendo dietro la prima curva del
corridoio principale di accesso.
Io chiusi a chiave la
guardiola parafulmine e mi misi sulle sua tracce, trovando presto la porta del
suo alloggio aperta. Entrai e…
Un senso di smarrimento di
pochi attimi, e iniziai a vedere le cose da un metro o poco più dal pavimento.
E, senza capire, iniziai a guardarmi. Non nel senso di guardarmi in uno
specchio, o riflesso su qualche superficie riflettente, no. Iniziai a guardare
io-Mathias mentre ero io-Mister Big. Sudore freddo, stupore, paura, non so
descrivere quello che provai in modo lucido, ora. So solo che io non avevo più
il mio corpo, e che stavo in quello del nano. Io-Mathias mi disse, con la voce
di Mathias, di stare tranquillo nella stanza per un po’, mentre lui si dedicava
ad una certa faccenda. E mi piantò lì senza aggiungere altro, chiudendosi a
chiave nella stanza di fianco. Il tempo passò senza che mi rendessi conto di
come avveniva, mi sembrava di sognare, pensavo al mare, a Mitezza, alla mia
altezza, ricordavo una filastrocca imparata da piccolo: Monte montino, dammi un
bacino. Monte montone, prendi un calcione. Monte mio bello, …
Io-Mathias mi ricomparve di
fronte, mi disse che potevo tornare al mio posto, che non aveva più bisogno di
me, e che mi ringraziava.
Passato l’uscio, riprovai la
sensazione si straniamento provato prima, mi ritrovai di nuovo col mio corpo,
tornai stordito nella mia guardiola, e, per il resto della notte, rimasi seduto
con lo sguardo fisso davanti a me, quasi senza muovermi, neppure per salutare
chi entrava o usciva, mi sentivo tutto indolenzito ma in modo piacevole. Solo molto
più tardi, tornato a casa mia, spogliandomi per andare a letto, ormai
alle dieci di mattina passate, trovai in tasca 5 biglietti di banca da 100
dollari, che sicuramente la sera prima non avevo.
Silvano
C.©
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
attendiamo fiduciosi.
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