Ancora una donna è stata uccisa da un uomo. Ed ancora una volta è stato chi le era vicino a farlo. A trasformarsi in carnefici sono spesso mariti, compagni, amanti, amici, padri, fratelli e altri uomini che dovrebbero essere vicini, aiutare, capire, amare… non uccidere.
La tragedia di ieri e della
quale parlo oggi, è capitata qui, a Trento e a Rovereto. Non entro nei
particolari, la cronaca si trova, se si vuole leggerla, ma resto sempre più
disarmato.
E cerco responsabilità, come
tento ogni volta in questi casi, mi offro spiegazioni, cerco una via.
Il primo responsabile sono
io, in quanto maschio, uomo, maggiorenne, con diritto di voto, cittadino di
questo nostro Paese che non ha bisogno anche di questo, che non deve continuare
a far pagare sempre ai più deboli.
Non vedo responsabilità
immediate nella politica, e forse sbaglio in questo, perché di leggi buone, in
questo campo, ne abbiamo abbastanza, anche se so che non sono sicuramente al
livello della legislazione nord-europea. Non credo che la politica insomma
possa fermare in poco tempo questa sequenza ininterrotta di omicidi, e le leggi
non possono arrivare a mutare il processo di pensiero che porta l’uomo ad
uccidere e talvolta, come in questo caso recente, a suicidarsi. Le leggi giuste
producono mutamenti lenti, sono un vaccino, sicuramente indispensabile, ma che
agisce in tempi lunghi. Ora abbiamo bisogno di un siero, di una cura rapida,
immediata, che fermi l’infezione in atto, che blocchi la diffusione del male.
E cosa di più immediato della
rete, della televisione, della radio e della stampa?
Escluderei da subito la
scuola e l’educazione in famiglia, fondamentali sicuramente, come le buone leggi, ma che agiscono su
tempi troppo lunghi.
Escluderei pure la rete e la
stampa. Prevedono una partecipazione diretta, un minimo di riflessione, di
autocontrollo, di scelta. Si sceglie di comprare o leggere il giornale. Si
sceglie di entrare in rete, si ragiona almeno un minimo su quanto si sta
facendo.
La televisione invece
talvolta si guarda in modo automatico e passivo, come sottofondo quasi
subliminale che passa modelli di comportamento e scale di valore (malgrado Mc
Luhan la pensi in modo diverso sulla televisione, e me ne scuso).
Se questa mia ipotesi è
corretta, almeno con un certo tipo di persone, radio e tv sono sullo stesso
piano, ricordando sempre però che la seconda ha molta più forza di
penetrazione.
In conclusione quindi io
attribuisco alle reti nazionali televisive il massimo di responsabilità
riguardo al fenomeno per ora inarrestabile del femminicidio.
Se RAI, Mediaset e La7, per
parlare solo delle reti in chiaro e non a pagamento, facessero opera capillare
in ogni ora del giorno e della notte, compresi i loro inserti pubblicitari, per
passare un’immagine di donna da rispettare, con pari immagine e potere e
dignità dell’uomo, stimolando la presa di coscienza della donne che talvolta
subiscono passivamente perché ritengono sia quasi giusta la violenza maschile,
l’impatto sulla società sarebbe molto più rapido di quello che si avrebbe dall’applicazione
severa della legge migliore.
Se invece la logica del
profitto, della mercificazione del corpo femminile e della subalternità della
donna perché così dice la tradizione o quel testo sacro (ammesso che lo dica)
non muteranno non ci sarà alcuna salvezza, e nessuna diminuzione di questi
orrendi ed odiosi omicidi. Solo la
televisione, studiando a tavolino la programmazione e colpendo nel modo giusto
il nostro immaginario è in grado di produrre in poco tempo questo miracolo. Qui
la politica potrebbe intervenire, in questo campo preciso, ma troppi uomini di
potere non ne hanno alcuna intenzione, e la loro misoginia, nei casi peggiori,
è pure ben mimetizzata.
La cosa che poi mi fa
riflettere e stupire è il fatto che l’uomo si ritiene “cacciatore”, cioè quasi
in “diritto” di avere molte donne, se ne fa un vanto, e raramente concede lo
stesso “diritto” alla donna. In questa logica arcaica ma ancora attuale che
senso ha che un uomo, se perde una donna, la voglia per sé a tutti i costi,
solo per sé, e se non può la uccida, piuttosto di dedicarsi a cercare altre
donne, altre “prede”.
Oppure occorre ritornare al
Mazzarò, nella novella di Verga, quando, alla fine, urla: "Roba mia,
vientene con me!”.
Si, a questo si arriva se non si vuole che l’altra persona abbia una vita propria, e si tratta quindi solo come una cosa di proprietà
Si, a questo si arriva se non si vuole che l’altra persona abbia una vita propria, e si tratta quindi solo come una cosa di proprietà
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.