giovedì 10 ottobre 2013

Ancora una


Ancora una donna è stata uccisa da un uomo. Ed ancora una volta è stato chi le era vicino a farlo. A trasformarsi in carnefici sono spesso mariti, compagni, amanti, amici, padri, fratelli e altri uomini che dovrebbero essere vicini, aiutare, capire, amare… non uccidere.
La tragedia di ieri e della quale parlo oggi, è capitata qui, a Trento e a Rovereto. Non entro nei particolari, la cronaca si trova, se si vuole leggerla, ma resto sempre più disarmato.
E cerco responsabilità, come tento ogni volta in questi casi, mi offro spiegazioni, cerco una via.

Il primo responsabile sono io, in quanto maschio, uomo, maggiorenne, con diritto di voto, cittadino di questo nostro Paese che non ha bisogno anche di questo, che non deve continuare a far pagare sempre ai più deboli.
Non vedo responsabilità immediate nella politica, e forse sbaglio in questo, perché di leggi buone, in questo campo, ne abbiamo abbastanza, anche se so che non sono sicuramente al livello della legislazione nord-europea. Non credo che la politica insomma possa fermare in poco tempo questa sequenza ininterrotta di omicidi, e le leggi non possono arrivare a mutare il processo di pensiero che porta l’uomo ad uccidere e talvolta, come in questo caso recente, a suicidarsi. Le leggi giuste producono mutamenti lenti, sono un vaccino, sicuramente indispensabile, ma che agisce in tempi lunghi. Ora abbiamo bisogno di un siero, di una cura rapida, immediata, che fermi l’infezione in atto, che blocchi la diffusione del male.
E cosa di più immediato della rete, della televisione, della radio e della stampa?
Escluderei da subito la scuola e l’educazione in famiglia, fondamentali sicuramente,  come le buone leggi, ma che agiscono su tempi troppo lunghi.
Escluderei pure la rete e la stampa. Prevedono una partecipazione diretta, un minimo di riflessione, di autocontrollo, di scelta. Si sceglie di comprare o leggere il giornale. Si sceglie di entrare in rete, si ragiona almeno un minimo su quanto si sta facendo.
La televisione invece talvolta si guarda in modo automatico e passivo, come sottofondo quasi subliminale che passa modelli di comportamento e scale di valore (malgrado Mc Luhan la pensi in modo diverso sulla televisione, e me ne scuso).
Se questa mia ipotesi è corretta, almeno con un certo tipo di persone, radio e tv sono sullo stesso piano, ricordando sempre però che la seconda ha molta più forza di penetrazione.
In conclusione quindi io attribuisco alle reti nazionali televisive il massimo di responsabilità riguardo al fenomeno per ora inarrestabile del femminicidio.

Se RAI, Mediaset e La7, per parlare solo delle reti in chiaro e non a pagamento, facessero opera capillare in ogni ora del giorno e della notte, compresi i loro inserti pubblicitari, per passare un’immagine di donna da rispettare, con pari immagine e potere e dignità dell’uomo, stimolando la presa di coscienza della donne che talvolta subiscono passivamente perché ritengono sia quasi giusta la violenza maschile, l’impatto sulla società sarebbe molto più rapido di quello che si avrebbe dall’applicazione severa della legge migliore.
Se invece la logica del profitto, della mercificazione del corpo femminile e della subalternità della donna perché così dice la tradizione o quel testo sacro (ammesso che lo dica) non muteranno non ci sarà alcuna salvezza, e nessuna diminuzione di questi orrendi ed odiosi omicidi.  Solo la televisione, studiando a tavolino la programmazione e colpendo nel modo giusto il nostro immaginario è in grado di produrre in poco tempo questo miracolo. Qui la politica potrebbe intervenire, in questo campo preciso, ma troppi uomini di potere non ne hanno alcuna intenzione, e la loro misoginia, nei casi peggiori, è pure ben mimetizzata.

La cosa che poi mi fa riflettere e stupire è il fatto che l’uomo si ritiene “cacciatore”, cioè quasi in “diritto” di avere molte donne, se ne fa un vanto, e raramente concede lo stesso “diritto” alla donna. In questa logica arcaica ma ancora attuale che senso ha che un uomo, se perde una donna, la voglia per sé a tutti i costi, solo per sé, e se non può la uccida, piuttosto di dedicarsi a cercare altre donne, altre “prede”.
Lesa maestà forse?
Oppure occorre ritornare al Mazzarò, nella novella di Verga, quando, alla fine, urla: "Roba mia, vientene con me!”. 
Si, a questo si arriva se non si vuole che l’altra persona abbia una vita propria, e si tratta quindi solo come una cosa di proprietà


                                                Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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