martedì 1 settembre 2015

Bisogno di consolazione e di sentirsi accettati




Tento una lettura diversa di un fenomeno per me insopportabile, che ho già affrontato in questo blog, e che consiste nell’adottare una modalità di comunicazione e di passaggio di informazioni basato su immagini di personalità importanti o famose, di ogni genere, con frasi estrapolate (e spesso staccate da qualsiasi contesto) attribuite al personaggio in questione, e poi usate per sostenere una propria opinione.
Una sorta di citazione, insomma, ma spesso senza fonti che permettano di inquadrarla, non di rado una vera e propria bufala, se non un falso prodotto in mala fede e per scopi assolutamente discutibili.

Ora però tento di capire cosa passa nella testa di chi fa uso di queste immagini modificate, di chi le trova, attivamente o passivamente, e le rilancia a sua volta, in modo spesso acritico, solo perché sono una conferma di alcune sue opinioni. Non mi interessa cioè capire perché si creano questi messaggi virali ed invasivi, la motivazione è evidente. Chi lo fa sa che c’è bisogno di slogan semplici, di facile lettura, superficiali ma immediati.
Tento di mettermi dalla parte di chi invece ne diventa volontario amplificatore, sul web; si presta al gioco insomma.

Mi verrebbe facile verificare un grado culturale non particolarmente elevato, in molti casi, e questo non è mai una colpa, perché non tutti hanno avuto la fortuna di poter approfondire con gli studi la loro preparazione. Chi si occupa di artigianato non deve conoscere Dante, o la semiotica. Io per primo non mi azzardo a dire di conoscere quei temi.
La cosa grave, in un caso del genere, è che non venga in aiuto una sana saggezza ed un automatico autocontrollo che possiede anche chi non si esprime in italiano in modo corrente (ma usa solo il dialetto) e non ha lauree né diplomi di scuole superiori. Cioè la cultura è solo un aspetto, ma non quello determinante.

Senza tentare altre interpretazioni, che mi riescono difficili, lo confesso, arrivo alla mia ipotesi, tutta da dimostrare, ovviamente, ma che neppure mi interessa fare, ora, perché sono solo in una fase nella quale penso scrivendo, cioè scrivo per capire, non per sostenere un’idea.

Ecco allora, ciò che penso e tento di capire se è corretto: ci si presta come passaparola di messaggi-slogan, invasivi e superficiali, a volte del tutto campati in aria, virali in certi ambienti, perché si vuole essere accettati in quegli ambienti, anche solo virtuali. 
Si accetta questo per ottenere condivisione e sostegno, forse inconsapevolmente, ma solo per non essere esclusi. In altre parole è la vecchia e ormai consolidata teoria del branco. Nel branco le voci critiche non sono mai ben accette dal capo, e chi si comporta così non ha le capacità del capo, o di chi, con un discutibile carisma, tiene banco.

È un rifugio tranquillizzante, che solleva dalla necessità di dire cose originali per avere una propria identità..

Un’ultima riflessione la devo fare riguardo all’età. Trovo accettabile e quasi naturale che un giovane o giovanissimo cada in questo tipo di trappola, in rete. Molto meno mi sento però di giustificare chi da anni ha raggiunto la maturità per guidare un autoveicolo, per sposarsi e avere figli, o per votare.
Ne capisco le motivazioni, ma l’ingenuità a certi livelli è pericolosa. La malafede, che ho volutamente ignorato, lo è in eguale misura, solo non trova giustificazioni di sorta.


                                                                                                        Silvano C.©   


(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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