Pensaci,
se ne hai voglia, e poi rispondi: hai mai usato tutte le potenzialità che ti
vengono offerte da un cellulare intelligente di ultima generazione, da una
fotocamera digitale anche se di bassa gamma o da molti strumenti che la
tecnologia, unita all’elettronica integrata sempre più capillarmente, ci mette
tra le mani?
Io
lo ammetto. La mia risposta è no. In qualche caso uno strumento diventa
obsoleto molto prima che io abbia scoperto tutto quello che sa fare o che abbia
deciso che le sue potenzialità mi interessano o potrebbero essermi utili. Io poi
tendo a rallentare il processo innovativo, ed è difficile, sia per
disponibilità economica che per indole, che abbandoni la vecchia via per una
nuova, che mi si prospetta sempre meno longeva nel tempo, instabile, piena di
incognite sul suo futuro.
La
realtà che muta non è cosa di adesso. Sono millenni che avvengono progressi del genere
nella società umane, e che si passa da sistemi che avevano una larga diffusione
ad altri, innovativi, rivoluzionari, più adatti.
Sino
a quando l’evoluzione in molti campi rispettava almeno i ritmi di ricambio
generazionale forse il problema era sentito, ma meno evidente.
Il
più delle volte ci si limitava all’ovvia considerazione che la cultura e la conoscenza
appartengono ad una certa elite, a coloro che hanno studiato.
È
da tempo che questo non vale più. Da molto tempo, ma mai è stato tanto evidente
come oggi. Ora neppure donne e uomini di cultura superiore conoscono sino in
fondo gli strumenti ai quali si affidano.
L’enorme
specializzazione ci divide in modo ormai netto, ed ognuno, quando va bene, è un
esperto solo del proprio campo, o di pochi altri.
Un
nuovo Leonardo in grado di spaziare nell’arte, nella fisica applicata, nella
medicina, nella musica e non solo, un talento universale insomma, avrebbe
difficoltà ad emergere con identiche caratteristiche.
Di
fronte all’integrazione, che prevede l’accettazione di regole comuni, il
rispetto di sempre nuovi vincoli, la privatizzazione di quanto qualche secolo
fa era in comune o ancora non così delimitato nelle singole proprietà ci sono
pochissime alternative. Tutte o quasi comportano, almeno in parte, una vita
marginale, come la si intende normalmente.
Il
condominio non fa per tutti, ma non c’è alternativa se si vuole vivere in una
città e non si possiedono i mezzi per una villetta indipendente. Del resto non
è pensabile che milioni di italiani, per restare anche solo all’Italia,
possiedano tutti una piccola e bassa casetta con un suo orticello. La superficie
edificabile non basterebbe. I nomadi, normalmente definiti zingari, nei secoli
scorsi trovavano spazi, ai margine delle città, dove potevano rimanere e
svolgere qualche attività economica, anche se itinerante. Ora questi spazi sono
spariti, si sono privatizzati.
Detto
in altro modo questi luoghi si sono specializzati, esattamente come hanno fatto le persone. Ora
siamo informatici, storici, operai, disoccupati, medici, autisti, e i pochi
tuttologi fanno sempre un po’ ridere, a partire dal nome stesso.
Ho
visto il mio medico litigare con la sua stampante, lui che ha altre
specializzazioni. Un medico dell’ottocento non credo che litigasse con la sua
penna.
Allo
stesso modo quello che un tempo era genericamente un prato, libero pure per i
giochi dei bambini, ora è diventato un parcheggio, una palestra o un campo
sportivo con le reti attorno, una villa con la sua recinzione, una periferia di
edilizia popolare. La terra libera è sparita. I nomadi non hanno più gli spazi
che, un tempo, erano anche loro, perché loro ne avevano lo stesso diritto
naturale di tutti gli altri.
Ora
non più. Ora anche un pastore trova difficoltà se vuole vivere come si viveva
un secolo fa. La fatica non è cambiata, la libertà neppure, ma è proprio il
pastore che ora è sempre meno accettato nel nuovo disegno che, e questo è il
tragico, non sappiamo esattamente chi lo sta disegnando.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.