È evidente che questo blog, dal 2016, è cambiato. Per alcuni in modo incomprensibile, ed è diventato monotematico, autoreferenziale, con mille limiti aggiunti a quelli che già aveva prima. Lo uso per dialogare con chi non intendo lasciar partire definitivamente anche se purtroppo lei è partita, esattamente nel dicembre del 2016, lasciandomi qui come un pirla a ripensare a quante parole non le ho detto, a quanti errori ho fatto, alle belle giornate che abbiamo passato assieme e ai tanti momenti tristi o difficili, belli e indimenticabili. Qualcuno mi detto esplicitamente, in privato, che penso al mio ombelico. Ed io ho pensato: ma tu esattamente a cosa pensi invece, a pubblicizzare libri che nessuna grossa casa editrice ancora ha deciso di pubblicare? Io non vendo nulla, non scrivo per lavoro e sono ben lontano dall’essere uno scrittore. Io sogno l’impossibile, e lo faccio gratuitamente. Chi mi legge, non troppi, ormai mi sopporta e forse prova un po' di pietà o anche semplicemente vicinanza per quello che provo e per l’assenza che non accetto. E poi divago, ti richiamo e ti racconto cose, senza capo né coda. Ho pensato ad un lucchetto e ad un gioco. Se io fossi in qualche modo sospeso su un baratro con una piattaforma che si sostiene grazie ad una grossa catena e il lucchetto che la regge avesse alcune chiavi, quante chiavi mi servirebbero, e a quanti e a chi affiderei queste chiavi? Divagazioni, come dicevo prima, anche leggermente assurde. Non più però dell’assurdità reale di mettere lucchetti in giro su ponti e altri posti, anche perché a volte sono decisamente troppi e creano problemi. Meglio gettare monetine in una fontana allora, perché in qualche modo qualcuno poi le raccoglierà, ed avranno una seconda vita. Ciao, Viz. Ieri era il 29 settembre, e non sono andato a sedermi in nessun caffè.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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