Capita che nel primo pomeriggio di un giorno di fine estate, col sole ancora caldo ma non impossibile da reggere come solo pochi giorni prima, io mi aggiri in bicicletta per alcune strade semideserte di Ferrara. Massima libertà, minima possibilità di incontrare qualcuno e anche troppi pensieri che mi vagano nella mente. E così posso passare accanto a piazza Ariostea, sotto portici eleganti e solitari, arrivare in via Borso ed entrare in Certosa direttamente in bicicletta. A quell’ora tra tombe e lapidi i visitatori quasi non ci sono, solo pochi che devono fare lavori. In bicicletta, cosa vietatissima, percorro chiostri e vialetti, faccio meno rumore che se camminassi a piedi perché le gomme della bicicletta sono discrete e non fanno danni. Rivedo i loculi dove sta tutta la mia famiglia, poi vado a rivedere dove c’è Antonia e altri parenti meno stretti, ma Antonia mi rimane nel cuore. Sono le mie radici, destinate a restare anche dopo di me, almeno per un po', e dopo non interesserà più a nessuno. Giusto per rimanere sul tema non molto allegro di chi è morto poco o molto tempo fa, esattamente ieri, ho pensato che di molte persone quasi coetanee che ho conosciuto e con le quali ho condiviso momenti di vacanza in passato almeno quattro di loro non ci sono più. Una era un’amica, mancata meno di un mese fa, conosciuta prima di te e poi amica comune. Altri erano meno vicini, ma anche con loro ho vissuto qualche ora allegra. Forse è la sola cosa che conta e che ricordo. Spesso la memoria si costruisce e si mantiene su momenti lieti, su viaggi e vacanze, su pranzi e cene, su regali fatti e ricevuti, sulle cose belle insomma. E Ferrara, a suo modo e malgrado il tempo che la consuma e la cambia, rimane bella, rimane in certi momenti una città del silenzio. Ciao Viz.
Silvano C.©
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