Alcuni giorni fa, entrando dove
non sei, sono passato accanto a due persone. L’uomo ha detto, testualmente: Vengo
ogni due o tre anni e tutte le volte ci sono lavori. Ho pensato che se ci
venisse più spesso probabilmente non troverebbe sempre o ruspe o operai che
lavorano, ma non ho detto nulla. Del resto il rapporto con questi luoghi è
vissuto in modo molto personale e più distaccato, non maniacale come mi rendo
conto di viverlo io. In fondo si tratta della negazione della realtà quello che
mi spinge a venire a trovarti dove non sei, perché lo so che non sei lì. Il mio
bisogno di memoria lo trasformo in visite, e l’assurdità è che non vado a
trovare con tale testardaggine molte persone che sono vive e con le quali
potrei anche scambiare due parole. Già, perché? Se continuo a parlare con te
insisto non volerti lasciar andare. Mi è venuto da pensare anche che vedendo
qualcuno tutti i giorni non noto i segni del passare del tempo, non vedo rughe
nuove o altri segnali. Quando invece mi capita di lasciar trascorrere mesi o
anni all’inizio l’impressione è forte, e poi lentamente la riassorbo, ma
lentamente. Con te il passaggio è avvenuto senza perderti di vista se non per
poche ore, anche dopo. E ho anche rimandato il più possibile i saluti
ufficiali, giusto per non smentirmi. In ogni modo i grandi lavori proseguono,
come immagino tu possa vedere, e tutto perché ogni cosa dovrà essere pronta per
i giorni d’inizio novembre, per quando l’umanità fintamente dolente si recherà
nei cimiteri la sola volta all’anno perché si tratta di una festa obbligatoria
e abbandonerà centinaia di vasi di fiori a seccare tristemente senza passare
mai per una sola annaffiata. Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la
fonte, grazie)
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