Daniel Barenboim, nel suo incipit di La musica sveglia il tempo, libro pubblicato nel 2007, scrive: l’attacco di un concerto gode di più privilegi dell’incipit di un libro. Rispetto alle parole, si potrebbe dire, è privilegiato il suono in sé. Poco da aggiungere sulla musica, ne so poco più di nulla, mi limito ad avere gusti musicali e ad ascoltarla di tanto in tanto, ed è molto che non vado a concerti o spettacoli. Sulla scrittura invece ho qualche idea, non da scrittore di libri ovviamente, ma da estensore di semplici riflessioni come questa o di memorie o di nostalgie. E so quanto sia importante l’incipit quando leggo libri e mi rendo conto di come alcuni scrittori sappiano da subito catturare l’attenzione con poche frasi. Mi piacerebbe avere quest’abilità, essere un affabulatore con le parole scritte e magari pronunciate. Saper raccontare è una dote che ad alcuni sembra venire naturale anche se, ne sono certo, è frutto di ricerca e allenamento, di esercizi e prove continue. Non si nasce imparati, imparati lo si diventa. E quando si arriva alla massima perfezione possibile è già il momento di lasciar spazio agli altri. Chi sa raccontare a teatro, durante qualche incontro o in una presentazione è soggetto al tempo che scorre, mentre l’autore di libri rimane anche dopo la sua partenza e, se il suo lavoro è importante, in molti continueranno a leggere e a rileggere le sue pagine, i suoi incipit. In fondo è bello perdersi nelle parole degli altri quando hai l’impressione che avresti potuto dirle pure tu, che esprimano il tuo pensiero e che dicano cose talmente semplici e naturali che appare persino impossibile che in tanti, invece di dire o ascoltare quelle, si perdano in altre confuse, stupide o semplicemente sbagliate. L’incipit è ovviamente importante, ma occorre che anche il seguito ne sia all’altezza.
Silvano C.©
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