giovedì 25 febbraio 2021

Chiudi quella finestra

Il vivere per cantare in fondo può essere un ottimo scopo, senza alcun dubbio migliore del morire per cantare. Se si vive per cantare significa che la scelta fatta viene ripetuta nel tempo, giusta o sbagliata che sia, libera o imposta non fa differenza, nessuno è veramente libero. Mentre se si muore per farlo, visto che sembra si muoia una sola volta, essendo scelta non ripetibile, viene qualche sospetto che, potendo, non si rifarebbe.

E lui cantava spessissimo, durante il giorno, appena entrava la luce del Sole. Raramente lo faceva con la luce artificiale della sera, e mai di notte. Durante la notte dormiva.

Cantava spessissimo e teneva compagnia, malgrado quasi certamente non fosse felice della sua prigionia. Era nato prigioniero e la libertà neppure intuiva cosa potesse essere. Magari vedeva qualcuno che quella libertà la possedeva, ma non era per lui, evidentemente.

Una sola volta, per una dimenticanza, fu libero e si sentì immediatamente perduto. Si spaventò e cercò un riparo lontano dalla luce fortissima del giorno in un luogo accogliente e pieno di ombra. Fu un volo brevissimo. Trascorsero minuti interminabili ma, finalmente, poté recuperare la sua vecchia e familiare gabbietta. L’uccellino ricominciò a cantare come aveva sempre fatto, e forse dimenticò quell’episodio, forse…

Quando morì, perché anche se si vive per cantare prima o poi si muore, in quella famiglia a lungo qualcuno ripeté: “Chiudi quella finestra!”.

Ciao, Viz, se chiudere la finestra fosse sufficiente, lo farei…

                                                                          Silvano C.©  

    (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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