Leggere un libro alla luce di un lampione della
stradina interna è stata una consuetudine durata poche volte, eppure per
qualche motivo me la ricordo ancora adesso. Forse perché amo la ricerca nella
memoria, l’archeologia sentimentale e il sottile piacere di ritornare a
rimettere assieme i piccoli cocci e ritrovarmi il vaso intatto, o quasi,
esattamente come è stato modellato dal vasaio. Del tutto intatto certamente no.
Avviene qualche cosa di simile quando in un museo si ammira il gioiello
appartenuto ad una regina del secondo secolo dopo Cristo. Il gioiello è quasi
intatto, ma la regina si nasconde alla vista e pure l’orafo che lo creò. Il museo
serve a regalare ancora un po' di tempo alla vita, sapendo che si tratta di un
lusso riservato a pochi e tragicamente effimero, malgrado l’impegno di tanti
curatori.
A noi, che non abbiamo musei perché stupidamente
si crede non ce ne sia ragione, restano meno alternative per allungare la vita.
Il nostro successo è sicuramente destinato ad ottenere una dilazione minore, lo
so, ma in termini assoluti uno e mille sono uguali se paragonati all’infinito,
quindi non vedo motivi per smettere di cercare e scavare.
Del resto potrò continuare a scavare anche quando, come più
tardi, probabilmente farò una piccola salita in solitaria, mi alzerò di poche
centinaia di metri percorrendo un sentiero ai limiti cittadini, non certo
diretto ad un passo alpino. Talvolta più salgo più torno indietro. E durante la
discesa mi sembra di rientrare nel mondo attuale, che mi va stretto ma è il
solo che mi è dato, e credo vada bene così.
Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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