giovedì 11 gennaio 2018

pensieri di morte




Non penso al suicidio, giusto per togliere un legittimo dubbio. Ragiono sulla morte però. Da oltre un anno, direi da oltre due anni per essere precisi, la morte mi accompagna mentre cammino, mentre viaggio in auto, mentre leggo o sono tra persone, mentre rifletto su ciò che spero e penso a quello che ho temuto e temo. Mi accompagna nelle fantasie, e la vivo. Mi immedesimo e mi proietto in quello che avrebbe potuto e dovuto andare diversamente, mi spingo al dopo.
E non solo su quello che verrà dopo la morte, se qualcosa ci sarà, ma a quelli che restano dopo la morte che li ha solo sfiorati ma colpiti duramente in chi amavano. Di tutte le morti alcune sono più innaturali, altre più pietose ed invidiabili.
Sono stato al funerale di un uomo vissuto quasi sino a 98 anni. Ancora poco tempo ed arrivava a 100. Il giorno prima stava in giardino, faceva le cose di ogni giorno. Aveva accanto la moglie. I figli ed i nipoti gli sono sempre stati vicini. Lui ha saputo crearsi un ambiente pieno e denso grazie alle sue indubbie qualità umane, assolutamente invidiabili e non comuni. Ha avuto meriti personali che uniti ad una miscela di immancabile dolore e di buona fortuna hanno prodotto la sua vita. E al suo funerale non ho pianto. Lo conoscevo da molto tempo anche se da molto non lo vedevo. Per un lungo periodo ho frequentato la sua casa, dove sono sempre stato accolto come meglio non avrei potuto. E non ho pianto per lui. Alla fine è stato trattato con giustizia, dal destino. Lascia un vuoto in chi lo ha amato ma anche consolazione. Chi ne soffrirà di più sarà la moglie, ma pure lei lo ha avuto accanto per tantissimi anni. Pure lei ha avuto più di tante altre persone, oltre ad aver certamente dato moltissimo.
Non ho pianto per lui, al funerale, ma per te. Mi è venuto naturale farlo, mi è sembrato giusto. Mi ero messo in disparte dopo aver salutato gli amici che lo hanno perso e mi sei mancata tu. Chi non mi conosceva avrà pensato che la mia commozione era per lui, ma non era importante spiegare nulla a nessuno. Qualche lacrima ad un funerale non deve essere giustificata.
Io non mi sono ancora abituato alla tua assenza. Ti rivedo e sento la tua mancanza. Mi intristisco se diventa più difficile recuperare le tue parole, una tua espressione, un tuo commento. A volte resto per alcuni giorni senza scrivere di te, temo di ripetermi, di dirti le solite cose, di importunare in qualche modo. Non so neppure se importuno o no, se arrivo a stancare chi vorrebbe sentire altro o cerca altro.
Pure io vorrei altro, non mi procura alcun piacere tutto questo, è una misera consolazione che però è meglio di nulla. Temo il nulla, e temo di ritornare quello che fui prima di conoscerti: troppo piccolo, limitato, rabbioso e invidioso, mai soddisfatto, viziato e vizioso, oscuro in modo inconfessabile. Credevo di essermi affrancato, a parte periodi di ricadute, da quella parte di me, e mi illudevo di essere diventato diverso per sempre. Sbagliavo, il destino ha deciso diversamente, il sempre sei tu, ed ora sei dove non riesco a vederti, e posso parlarti solo se parlo con me stesso. Il tempo passa e credo di andare avanti salvo, quasi giornalmente, ritrovarmi catapultato indietro di mesi e mesi. 
Gioco con la morte come se fossi un gambero.


                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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