Tempo - Primi secondi del 2018 secondo il fuso orario
dell’Europa centrale e con l’ora legale attuale.
Luogo - Casa
che conosci molto bene per avervi trascorso con me diverse sere di attesa dell’anno
nuovo ospiti di amici comuni.
Situazione – Pochissime persone, il minimo sindacale
quasi, ma tutti con cose da dire o raccontare. Le ore prima del momento di
passaggio ufficiale nel nuovo anno spese in parte con riferimenti ad altri, a
chi conosco e a chi in realtà non so se conosco. Confondo i nomi come sempre però
so di cosa si parla. Seguo e rimango in silenzio, mi interesso e non so cosa
dire. Ma sto bene e non mi spiace ascoltare. Pure io intervengo, come mi viene naturale. Alcuni
argomenti mi interessano di più, ed allora devo trattenermi per non impormi, al
solito.
La frazione di secondo – Esattamente dopo il brindisi
rituale con ottime bollicine brut, dopo gli auguri, resto per un attimo solo
nella stanza mentre ci stiamo spostando, e tu mi vieni accanto. Avverto che ci
sei, non ti vedo ma ci sei, vicinissima tanto da avvertire il tuo respiro, e mi
sussurri: Auguri, Silvano.
Ecco, così volevo che iniziasse il mio nuovo anno. Poi
sei tornata via subito, sei andata altrove, ma mi hai lasciato la sensazione
che non intendi lasciarmi solo. Questo mi basta, anzi, è molto più di quello
che vorrei.
Alcune ore dopo – Stamattina sono uscito, tardi, ed
ho camminato un po’per il centro. Ovviamente ho trovato quasi tutto chiuso. Pioveva
ed a tratti cadeva qualche fiocco di neve che spariva subito dopo, appena
toccato il suolo.
In giro resti di botti di capodanno, bottiglie o
altri segni di festeggiamenti in piazza. Appoggiati su una piccola transenna esterna
di un locale stavano due bicchieri flûte di plastica, pieni a metà di acqua piovana gelida. Li ho presi in mano uno dopo
l’altro, li ho svuotati e li ho rimessi vicini, dove stavano. Ho immaginato due
giovani o magari meno giovani, chi lo sa, che la notte prima li avevano usati
per brindare allegri, e mi sono rivisto con te, molti capodanni fa.
Ancora dopo – È il primo dell’anno. Oggi si fanno
cose che si vorrebbero fare tutto l’anno, secondo un vecchio proverbio, ed allora
ho affrontato la bestia nascosta nell’ombra di un armadio per stanarla ed
addomesticarla. È pericoloso farlo, e doloroso, tuttavia necessario. Non voglio
ucciderla, no, mi spaventa ma devo trovare il modo perché mi accetti e non mi
sia più nemica esattamente come tanti anni fa un bambino affrontò un cane che
lo terrorizzava da settimane quando gli doveva passare accanto. Come vinse la
sua paura quel bambino? Portando da casa un pezzo di pane e prendendo quel
timore come una prova per sé stesso, da superare in ogni modo. Ed il cane
dovette capire, perché non abbaiò più quando vide una mano, piccola, che gli
offriva un po’ di cibo. Io così ho aperto il tuo armadio, ho combattuto contro
il mio tabù ed ho spostato alcune tue cose. Ho deciso di buttare due tue
camicie vecchie e lise, alle quali eri affezionata, lo so, ma ti ho offerto in
cambio un identico trattamento per due mie vecchie camicie alle quali non volevo
rinunciare anche se ormai impresentabili. Ho raggiunto un compromesso con la
bestia. Non è stato facile, per nulla, ma ora ho davanti un nuovo anno per affrontarla
ancora ed, ogni volta, renderla almeno un po’ meno aggressiva. Non una frazione
di secondo ma un anno intero durante il quale il mio dialogo con te non finirà.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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