Provo un piacere sottile nell’immersione. Forse ritorno al periodo prima della nascita, forse provo l’inebriante sensazione dell’assenza di peso, forse… E posso immergermi nel mare e farmi avvolgere dal suo abbraccio oppure, e a questo io mi riferisco ora, posso immergermi in un’abitudine, nella consapevolezza di ritrovare gesti che aiutano i pensieri a maturare e poi a consumarsi, realizzato il loro fine.
Camminare è una di queste abitudini, e il
ripetere sempre almeno una parte del percorso consolida l’abitudine stessa, e
soddisfa il mio bisogno assoluto di salutarti, e di sperare per una volta che
tu possa uscire ed accompagnarmi o, molto meglio, abbandonarci ad una pazzia ed
andare altrove, in un qualsiasi altrove.
Tu sempre lì vai a finire.
Ripercorro corridoi dove vivemmo ore tristi,
oppure mi dedico a occupazioni domestiche ripetitive che in parte, un tempo,
eri tu a seguire. Ho ritrovato il piacere di leggere mentre cammino, o meglio,
di ascoltare autori o attori leggere libri e tenermi compagnia mentre
ripercorro le vie di tutti i giorni. Ecco. Quest’ultima frase devo spiegarla
bene. Il piacere l’ho ritrovato dopo anni nei quali l’avevo smarrito per i
motivi che ben sai, e questo un po’ mi rasserena perché mi fa capire che tu non
te ne vai ed io mi abituo ad una tua presenza invisibile. Il leggere mentre
cammino è più precisamente l’ascoltare, e non è la stessa cosa, mi permette
tuttavia di mantenere un contatto con i libri di tipo diverso, ugualmente
pieno, per certi aspetti anche più diretto. Così ascoltare ad esempio Battiston
che racconta di una crociera extra-lusso mi permette di camminare e navigare
allo stesso tempo. E vivo più vite, come diceva Eco, e cammino su più strade,
anche con Hesse o con Rumiz, non solo sulla mia solita. E così le vie di tutti
i giorni restano tali e anche no. Restano tali perché il solo pensiero di
andare in luoghi diversi dai nostri abituali senza di te mi crea una fortissima
repulsione che ancora non ho imparato a dominare come si deve, a parte alcune
eccezioni. E non restano tali perché le immagini evocate dai testi che ascolto
mi associano ad ogni vecchio angolo conosciuto nuove emozioni che diventeranno,
col tempo, ricordi indistinti di esperienze.
Hai finalmente iniziato ad apprezzare i romanzi, che tanti anni fa
giudicavi un genere letterario inferiore ai saggi.
È vero, l’ho capito tardi, colpa della mia
formazione credo, o del bisogno di aggiornamento professionale e di curiosità
per le cose pratiche e tecniche… ma sono anni che l’ho capito.
In ogni caso per me la cosa essenziale in
questa fase non è il leggere ma il camminare. Camminare mi rilassa, mi mantiene
in forma, mi fa sentire più vivo, e trovo scuse per allungare il percorso
giornaliero riducendo i momenti sedentari. Poi dormo meglio, o mangio gustando
di più il cibo, e sento meno il bisogno di ingozzarmi inutilmente di ogni cosa.
Camminare è salvifico ma, come ogni bellissima medaglia, ha il suo rovescio.
Camminare molto attiva la circolazione di
tutto il corpo, in particolare degli arti inferiori. I piedi si abituano a
muoversi sostenendo il corpo, si allenano al movimento, e vecchi acciacchi
sembrano ridursi negli effetti. Il solo effetto negativo è che, di tanto in
tanto, un paio di calze si consuma e così compare un buco. Un buco in una calza
che spesso mi hai regalato tu, e la cosa mi indispettisce. Ma mi consolo pensando
che ne ho ancora alcune, regalo tuo, nella loro confezione originale. Mi dureranno
per un po’. Le farò durare.
Ti proibisco di dire pubblicamente cosa facevo io con le tue calze
bucate.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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