Non penso al suicidio, giusto per togliere un legittimo dubbio. Ragiono sulla morte però. Da oltre un anno, direi da oltre due anni per essere precisi, la morte mi accompagna mentre cammino, mentre viaggio in auto, mentre leggo o sono tra persone, mentre rifletto su ciò che spero e penso a quello che ho temuto e temo. Mi accompagna nelle fantasie, e la vivo. Mi immedesimo e mi proietto in quello che avrebbe potuto e dovuto andare diversamente, mi spingo al dopo.

Sono stato al funerale di un uomo vissuto quasi sino
a 98 anni. Ancora poco tempo ed arrivava a 100. Il giorno prima stava in
giardino, faceva le cose di ogni giorno. Aveva accanto la moglie. I figli ed i
nipoti gli sono sempre stati vicini. Lui ha saputo crearsi un ambiente pieno e
denso grazie alle sue indubbie qualità umane, assolutamente invidiabili e non
comuni. Ha avuto meriti personali che uniti ad una miscela di immancabile dolore
e di buona fortuna hanno prodotto la sua vita. E al suo funerale non ho pianto.
Lo conoscevo da molto tempo anche se da molto non lo vedevo. Per un lungo
periodo ho frequentato la sua casa, dove sono sempre stato accolto come meglio
non avrei potuto. E non ho pianto per lui. Alla fine è stato trattato con
giustizia, dal destino. Lascia un vuoto in chi lo ha amato ma anche
consolazione. Chi ne soffrirà di più sarà la moglie, ma pure lei lo ha avuto
accanto per tantissimi anni. Pure lei ha avuto più di tante altre persone,
oltre ad aver certamente dato moltissimo.
Non ho pianto per lui, al funerale, ma per te. Mi è
venuto naturale farlo, mi è sembrato giusto. Mi ero messo in disparte dopo aver
salutato gli amici che lo hanno perso e mi sei mancata tu. Chi non mi conosceva
avrà pensato che la mia commozione era per lui, ma non era importante spiegare
nulla a nessuno. Qualche lacrima ad un funerale non deve essere giustificata.
Io non mi sono ancora abituato alla tua assenza. Ti rivedo
e sento la tua mancanza. Mi intristisco se diventa più difficile recuperare le tue
parole, una tua espressione, un tuo commento. A volte resto per alcuni giorni
senza scrivere di te, temo di ripetermi, di dirti le solite cose, di
importunare in qualche modo. Non so neppure se importuno o no, se arrivo a
stancare chi vorrebbe sentire altro o cerca altro.
Pure io vorrei altro, non mi procura alcun piacere
tutto questo, è una misera consolazione che però è meglio di nulla. Temo il
nulla, e temo di ritornare quello che fui prima di conoscerti: troppo piccolo,
limitato, rabbioso e invidioso, mai soddisfatto, viziato e vizioso, oscuro in
modo inconfessabile. Credevo di essermi affrancato, a parte periodi di
ricadute, da quella parte di me, e mi illudevo di essere diventato diverso per
sempre. Sbagliavo, il destino ha deciso diversamente, il sempre sei tu, ed ora
sei dove non riesco a vederti, e posso parlarti solo se parlo con me stesso. Il
tempo passa e credo di andare avanti salvo, quasi giornalmente, ritrovarmi
catapultato indietro di mesi e mesi.
Gioco con la morte come se fossi un
gambero.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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