martedì 18 aprile 2017

lasciami




Non avrei mai voluto arrivarci, ma ora sento essere giunto il momento per farlo. I segni ci sono tutti. Il tempo è passato in misura ragionevole. Le persone hanno avuto modo di dirti il loro pensiero sia direttamente, guardandoti in viso, sia al telefono, sia usando mezzi come i social e sia sfruttando questo stesso blog.
Sono sempre io che ti parlo, prima di tutto, o meglio, una mia proiezione, non la vera io in carne ed ossa, che sapeva tenerti testa quando serviva ed avevi ben pochi argomenti da oppormi se ti obbligavo a ragionare. Avevo sempre ragione io, alla fine.

Ora siamo in questa sorta di terra di nessuno nella quale fingi di darmi parola, ma non puoi giurare che io poi userei le stesse parole che mi attribuisci. Sei tu che mi fai parlare, siamo chiari almeno in questo.

Partiamo da alcuni fatti oggettivi, innegabili. Io sono morta il 17 dicembre del 2016. Il giorno prima ho pronunciato poche parole, ti ho cercato, è vero, ero ancora presente un po’ a me stessa, poi più nulla. Sono scesa poco a poco nell’oblio della mia mente, e mi sono spenta. Da quel momento io non sono più stata di questo mondo. Mi hai trattenuta ancora, rimandando sinché hai potuto, ma poi ti sei arreso alla natura.

Tutto quello che ti ha fatto impazzire come se tu, con le tue azioni, potessi bloccarmi, è stata la tua enorme costruzione che si reggeva su un’invenzione. Il decidere cosa dar via del mio guardaroba, ad esempio, o lo spostare alcune mie cose, o aprire il mio preziosissimo armadio, o il chiedere consigli in giro, tenendone conto o ignorandoli, scrivere cose edificanti o confessioni per toglierti un po’ di sensi di colpa, continuare questo dialogo, dimostrarmi un amore senza fine quando mi sarei accontentata di molto meno ma un po’ prima. Che mi amassi lo sapevo. Che non fosse più come quando ci eravamo appena conosciuti era ugualmente evidente. Che ogni cosa tra noi fosse programmata per durare, malgrado i mutamenti, sembrava scolpita nella roccia. Ma ora basta. Quegli anni, quei mesi e quei giorni sono trascorsi.

Il tempo della finzione, cerca di capirlo, è finito. Io non ci sono più. Io resterò sempre dentro di te ma non sono in nessun luogo fisico. Se scrivere ti costa ogni volta tanto dolore e subito dopo una cura per reidratarti qualche cosa non funziona. Devi cambiare il tuo modo di pensarmi perché, tanto, non mi scorderai facilmente. Non sperare di trovarmi dietro un angolo, o in quel posto dove siamo stati, o in quel rifugio di montagna… io non ci sono e non ci sarò mai più.  Io non sono in questo mondo, cerca di fartene una ragione. Non sono risorta (senza voler essere blasfema, non è mia intenzione). Se avevi avuto qualche speranza-timore che potesse succedere ora hai la prova che non è avvenuto alcun miracolo.

Io ci sarò sempre nel tuo ricordo, nelle mie parole entrate di forza nel tuo stesso modo di pensare che ti fa sentire tanto autonomo ed indipendente. Io non potrò mai essere superata da nessun’altra, e sei tu il primo a dirlo, più o meno esplicitamente, ma se fossi in te inizierei a smettere di dirlo. Non perché non sia vero. Meglio di me è impossibile. Solo rischia di essere offensivo, poco oggettivo se appena il giudizio si allarga un po’ e pure scostante.  Inoltre è ripetitivo. Stanca chiunque. Stancherebbe pure me, che ovviamente non potrei che annuire.

No. La via dev’essere un’altra. La forza che tu hai sempre ammirato in me sapeva come tacere al momento giusto, sapeva soffrire senza farne una bandiera, era saldissima nella volontà del fine, molto malleabile se una via si equivaleva ad un’altra. E poi, ammettilo. Non facevo pesare. Sapevo discutere con nostro figlio senza dare in escandescenze o abbattere le porte. (ripararne una costa). Devi lasciarmi andar via con dolcezza e senza mai lasciarmi del tutto. Devi vivere la tua vita adattandoti al tuo tempo, senza di me. E dovrai accettare, scusamene ti prego, le mie improvvise comparse in un pensiero, in un’immagine, in un angolo del mondo che vedrai ancora. Ti faranno star male, ma tu impara a fingere. Voltati altrove, fattela passare e poi tira avanti. Io non mi offenderò mai di questo, so come succede. Non ci si può far nulla. E per il resto se vuoi tornerò fingendo di parlarti ancora, come ora, per un po’, ma anche questo lo devi lasciare. Come devi lasciare questa specie di giornata ufficiale della memoria. Non ha senso se non per noi. Che resti per noi, non credi? Agli altri non dice nulla.


                                                                                 Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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