Non avrei mai voluto arrivarci, ma ora sento essere
giunto il momento per farlo. I segni ci sono tutti. Il tempo è passato in
misura ragionevole. Le persone hanno avuto modo di dirti il loro pensiero sia
direttamente, guardandoti in viso, sia al telefono, sia usando mezzi come i social
e sia sfruttando questo stesso blog.
Sono sempre io che ti parlo, prima di tutto, o
meglio, una mia proiezione, non la vera io in carne ed ossa, che sapeva tenerti
testa quando serviva ed avevi ben pochi argomenti da oppormi se ti obbligavo a
ragionare. Avevo sempre ragione io, alla fine.
Ora siamo in questa sorta di terra di nessuno
nella quale fingi di darmi parola, ma non puoi giurare che io poi userei le
stesse parole che mi attribuisci. Sei tu che mi fai parlare, siamo chiari
almeno in questo.
Partiamo da alcuni fatti oggettivi, innegabili. Io
sono morta il 17 dicembre del 2016. Il giorno prima ho pronunciato poche
parole, ti ho cercato, è vero, ero ancora presente un po’ a me stessa, poi più nulla.
Sono scesa poco a poco nell’oblio della mia mente, e mi sono spenta. Da quel
momento io non sono più stata di questo mondo. Mi hai trattenuta ancora,
rimandando sinché hai potuto, ma poi ti sei arreso alla natura.
Tutto quello che ti ha fatto impazzire come se
tu, con le tue azioni, potessi bloccarmi, è stata la tua enorme costruzione che
si reggeva su un’invenzione. Il decidere cosa dar via del mio guardaroba, ad
esempio, o lo spostare alcune mie cose, o aprire il mio preziosissimo armadio, o il chiedere consigli in giro, tenendone
conto o ignorandoli, scrivere cose edificanti o confessioni per toglierti un po’
di sensi di colpa, continuare questo dialogo, dimostrarmi un amore senza fine
quando mi sarei accontentata di molto meno ma un po’ prima. Che mi amassi lo
sapevo. Che non fosse più come quando ci eravamo appena conosciuti era
ugualmente evidente. Che ogni cosa tra noi fosse programmata per durare,
malgrado i mutamenti, sembrava scolpita nella roccia. Ma ora basta. Quegli
anni, quei mesi e quei giorni sono trascorsi.
Il tempo della finzione, cerca di capirlo, è
finito. Io non ci sono più. Io resterò sempre dentro di te ma non sono in
nessun luogo fisico. Se scrivere ti costa ogni volta tanto dolore e subito dopo
una cura per reidratarti qualche cosa non funziona. Devi cambiare il tuo modo
di pensarmi perché, tanto, non mi scorderai facilmente. Non sperare di trovarmi
dietro un angolo, o in quel posto dove siamo stati, o in quel rifugio di
montagna… io non ci sono e non ci sarò mai più.
Io non sono in questo mondo, cerca di fartene una ragione. Non sono
risorta (senza voler essere blasfema, non è mia intenzione). Se avevi avuto
qualche speranza-timore che potesse succedere ora hai la prova che non è avvenuto
alcun miracolo.
Io ci sarò sempre nel tuo ricordo, nelle mie
parole entrate di forza nel tuo stesso modo di pensare che ti fa sentire tanto
autonomo ed indipendente. Io non potrò mai essere superata da nessun’altra, e
sei tu il primo a dirlo, più o meno esplicitamente, ma se fossi in te inizierei
a smettere di dirlo. Non perché non sia vero. Meglio di me è impossibile. Solo rischia
di essere offensivo, poco oggettivo se appena il giudizio si allarga un po’ e
pure scostante. Inoltre è ripetitivo. Stanca
chiunque. Stancherebbe pure me, che ovviamente non potrei che annuire.
No. La via dev’essere un’altra. La forza che tu
hai sempre ammirato in me sapeva come tacere al momento giusto, sapeva soffrire
senza farne una bandiera, era saldissima nella volontà del fine, molto
malleabile se una via si equivaleva ad un’altra. E poi, ammettilo. Non facevo
pesare. Sapevo discutere con nostro figlio senza dare in escandescenze o abbattere
le porte. (ripararne una costa). Devi lasciarmi andar via con dolcezza e senza
mai lasciarmi del tutto. Devi vivere la tua vita adattandoti al tuo tempo,
senza di me. E dovrai accettare, scusamene ti prego, le mie improvvise comparse
in un pensiero, in un’immagine, in un angolo del mondo che vedrai ancora. Ti faranno
star male, ma tu impara a fingere. Voltati altrove, fattela passare e poi tira
avanti. Io non mi offenderò mai di questo, so come succede. Non ci si può far
nulla. E per il resto se vuoi tornerò fingendo di parlarti ancora, come ora,
per un po’, ma anche questo lo devi lasciare. Come devi lasciare questa specie
di giornata ufficiale della memoria. Non ha senso se non per noi. Che resti per
noi, non credi? Agli altri non dice nulla.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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