lunedì 24 aprile 2017

parlando da soli e facendosi del male




Mi guardi e scuti la testa. So cosa vorresti dire, ma non puoi, né puoi far nulla per farmi cambiare idea. Un po’ mi rendo conto che mi capisci pure, ma non so che faresti tu al mio posto. Giuro. In questo caso non saprei cosa azzardare. Prima di tutto io cerco di mantenere gli impegni. Con calma e con i miei tempi ci provo. Ho sistemato molte cose e sommariamente pulito i pavimenti. E poi sono uscito, prima che arrivino le previste piogge primaverili micidiali e fastidiosissime, anche se molto attese.

Ho camminato e mi sono spinto sino alla casa non proprio vicina di un’amica. Il tempo lo permetteva, ed io in questo periodo non ho problemi di tempo cronologico. Il mio orologio interno credo sia impazzito. Mangio tardi, mi alzo presto, mi addormento davanti al televisore che dice cose incredibili alle tre di notte obbligandomi a spegnerlo e ad andare a letto.
Sono arrivato, ho trovato qualche viso familiare, ho scambiato qualche battuta leggera su temi diversi, ho fatto finta di essere allegro, ed alla fine, quando siamo rimasti soli io e la mia amica, abbiamo convenuto che uno dei motivi che mi tiene aggrappato a questa vita è legato a nostro figlio, nei confronti del quale ho enormi responsabilità. Senza di lui l’opzione di farla finita non sarebbe del tutto da scartare. Dicono che poi si supera la fase acuta, e diventa un’allegra situazione cronica. Vabbè. Finalmente potrò pensare in modo un po’ meno tragico. Visto per che ora ho un motivo cerco pure di rendermi utile, o di simulare una certa vita sociale. Ad esempio abbiamo convenuto che a breve ci vedremo, per una cena, tra ex colleghi. Se possibile ci incontreremo anche prima, in un gruppo più ristretto.  Abbiamo discusso sull’orlo del colletto della mia camicia, che per mia colpa non ho pensato di controllare prima di uscire. Abbiamo divagato sul fatto che cucire è facile, per chi lo sa fare, e che non mi spiacerebbe fare gli orli ad un tessuto che tu avevi scelto per farne una tovaglia. Mia madre era bravissima a cucire. Tu ti arrangiavi e qualche cosa sapevi fare. Io vedo quella bella macchina inutilizzata da troppi anni e a volte mi viene la tentazione di provarci. Non per nulla i più grandi sarti del mondo sono uomini (ovviamente le più grandi sarte sono donne, e credo che questo sia intuitivo).

Ma torno al senso e cerco di divagare meno. Ieri avevo trovato quella stoffa, bella, nuova, a scacchi azzurri, non ricordo dove la comprammo ma certamente contribuii nella scelta. La trovai mettendo in ordine un po’ gli armadi (non il tuo, non il tuo, stai tranquilla). E questo è un fatto che già va a toccare corde dolorose. Poi, nel pomeriggio di oggi, non soddisfatto, ho deciso di cercare quegli ornamenti da berretto sul genere tirolese che ti piacevano tanto e che, in più riprese, ti avevo comprato, svenandomi. Ma ti piacevano, e piacciono molto pure a me. Li ho trovati. Eureka. Il guaio, lo sai, è che quando si mette mano a certe scatole, certi cassetti, certi angoli, si rischia di trovare quello che non si stava cercando. Ed infatti ho trovato qualche blocco notes con cose che avevi scritto tu sui nostri viaggi. Ho visto gli auguri che nostro figlio ti ha fatto per la tua ultima festa della mamma del 2016. (E qui potrei uccidere senza alcuna pietà chi mi viene a dire che è una semplice ed indotta abitudine commerciale) Poi ho messo a posto di nuovo tutto, con attenzione, trattando ogni cosa come se fosse di cristallo prezioso. Ho agito nel mondo più veloce ed asettico possibile, ma mi son fatto male lo stesso.

                                                                                           Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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