domenica 16 aprile 2017

C’ero anch’io

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Tu non mi volevi credere, stamattina, quando te l’ho confessato.
Quel giorno c’ero anch’io. E non nel posto classico, quello che conviene, quello tradizionale e che non è il caso di mettere in discussione per non sollevare polveroni e dubbi.
Che io ci fossi tu lo sapevi, non ti sfugge nulla delle cose apparentemente evidenti. Eppure non stavo lì ferma, immobile, bloccata, ad aspettare discorsi e ad assistere compuntamente alla cerimonia.
No. Ti sbagli, e sino ad oggi lo hai erroneamente creduto.

Io ti stavo accanto e a volte poi mi muovevo per conto mio, usando una libertà di spostamenti che non è da tutti, e non è neppure un grande vantaggio, ad essere sincera, ma qualche piccola opportunità in più la offre.

Tu a volte stavi al tuo posto, fermo, ma poi ti spostavi e facevi gli onori di casa e spesso non riuscivi neppure tu a stare fermo dove era stabilito dalla tradizione. Le tradizioni valgono per il giusto, meritano il rispetto dovuto al valore che vi si attribuisce, ma ammettono eccezioni. Vedevi chi arrivava. Ti avvicinavi. Dicevi due parole. Facevi qualche battuta. Ne ricordo una carina che spiegava una mia ipotetica e problematica sostituzione. Ho visto chi ti diceva che non era il caso di piangere. Ho sentito le giustificazioni di chi non poteva restare sino alla fine. E molte altre cose, che ora non mi sembra il caso di riferirti. Le capirai col tempo. Ho visto il dolore di nostro figlio, quello mi ha fatto male, ma lui si risolleverà.

Io non ho detto nulla. Sono stata perfetta, nel mio ruolo di morta. Non mi è uscita una sola parola e non ho tradito una sola emozione. Avrei detto volentieri anche la mia, ma di solito in questi casi non è previsto. Non sta bene.

In ogni caso, ripeto, c’ero anch’io. Mi è venuto in mente di dirtelo oggi perché, proprio oggi, avete deciso entrambi di festeggiare la festa assieme, tornando in quel locale dove, nel marzo del 1980, celebrammo il nostro banchetto nuziale. Tu hai voluto rivedere quella balconata ora un po’ da restaurare dove amici ci hanno scattato alcune foto. Ed io, quel giorno, indossavo lo stesso abito che indossai per il mio matrimonio, esattamente quello, che mi stava perfettamente. Mica vero che ero ingrassata.

Ti sono stata vicina, con quell’abito che mi è sempre piaciuto, da donna, con quegli stivali di pelle, e non con i soliti jeans e scarpe da ginnastica. So che ti piacevo vestita così. Solo che non me lo hai detto abbastanza. Ti sono stata vicina ma non mi sono azzardata a toccarti. Non so cosa sarebbe potuto succedere. Peggio di così non oso pensare a cosa, in ogni modo non ti ho toccato. Sono stata attenta a rispettare i miei doveri. Ora, col tempo che passa, i doveri, a me come a te, cominciano a stare stretti. Hai iniziato a dire cose che pensi e a contare di meno su alcune persone. Stai iniziando sul serio a far progetti, o a pensare a cose nuove. Non illuderti troppo però. Non è finita. Non sarai mai in grado di far finta di nulla o di ignorare del tutto quello che pensano o dicono gli altri. Io però, per quanto posso, ci sono. Esattamente come quel giorno, quando credevi di avermi persa per sempre. Non è così.


                                                                             Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

1 commento:

  1. La sostanza dove io manco è tutta avvolta nella coperta
    di lana. Di quelli che più volte ho toccato ricordo le
    mani le facce le pance le voci le pettinature. Mi stanno
    aiutando. (Mariangela Gualtieri)

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