venerdì 28 aprile 2017

Aiuto

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In questa mescolanza confusa ed apparentemente indistinguibile di messaggi individuali che arrivano a chi frequenta i social una certa percentuale è occupata sicuramente da richieste di aiuto mascherate, se non decisamente esplicite.

Escludendo chi usa questi mezzi per lavoro, per pubblicizzare un prodotto (che può essere anche sé stesso, ovviamente), chi lo fa per semplice esibizionismo e per poter dire di esserci, chi lo utilizza per scopi umanitari o, udite udite, per dare informazioni (vere, controllate o non di rado bufale, cadendo quindi nella tipologia del sostenitore di una certa idea, costi quel, che costi, anche la menzogna), rimangono le tantissime persone comuni, come tutti noi, ben mimetizzate, che lanciano messaggi diversi.

Le richieste di aiuto sono tra queste. Non ho alcun dato statistico al riguardo, ma azzardo almeno un 10%, anche se penso molto di più. Chi ha la giusta sensibilità li coglie alla prima lettura, già dall’incipit. Occorre avere le antenne puntate, poi non ne scappa uno, o pochi.

E in questi casi, quando cioè ci si rende conto della situazione, cosa bisognerebbe fare? Poiché nessuno può aiutare tutti, molti di questi appelli cadono nel vuoto, perché è naturale e giusto che così avvenga. Negli altri casi si pone il problema, molto serio. Far finta di nulla? Spesso funziona. Chiedere spiegazioni? Si può fare, a condizione però di essere disponibili a mettersi in gioco. E dopo? E dopo non lo so. A volte basta dire la parola giusta, altre volte non basta, ed occorre lasciarsi coinvolgere ancora di più.

Nella solitudine mascherata dei social, dove a parole tutti hanno trovato il segreto della felicità ma stanno sempre lì, a spiegarlo, perché evidentemente tanto immediato non è, il dolore è una sorta di allagamento che tocca solo la cantina, tenuto quasi sempre sotto controllo, fa qualche piccolo danno a cose vecchie, ma il nostro salotto buono è sempre presentabile, luminoso e molto ben frequentato.

Quando ci mancherà improvvisamente la connessione saremo nudi, senza rete di protezione, l’acqua dalla cantina inizierà a salire a pianterreno, ci sentiremo un po’ isolati, capiremo che la vita scorre anche fuori, che le identità virtuali sono, appunto, virtuali, e che poche le possiamo immaginare trasformabili in reali. Auguri, a ciascuno di noi, di non aver mai bisogno di nulla, né virtualmente né realmente. Sarebbe un risveglio fastidioso.


                                                          Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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