Il dialogo
LUI – Io devo
continuare la mia strada. Non ho alcun desiderio di allontanarmi da te ma non
ho il diritto di fermarmi. Neppure tu avresti voluto fermarti, del resto.
LEI – Lo so, hai
ragione. Io ho dovuto fermarmi, e per noi ora il tempo scorre con velocità
diverse. Ora ci troviamo confinati in due diversi sistemi di riferimento, io
sono caduta nel buco nero prima di te. Quando pure tu vi cadrai, perché vi
dovrai cadere, non so spiegarti come ci ritroveremo, né se ci ritroveremo.
LUI – Io non temo di
non ritrovarti. Sono certo che ti ritroverò. E se ora sbaglio nella mia
previsione, nessuno mi può smentire, né potrà farlo domani.
O non ci saremo, quindi
il problema non si porrà. Oppure ci saremo, e nessuno potrà dire il contrario.
LEI – Già. Ma potremmo
esserci e malgrado questo non ritrovarci…
LUI – Io solo ci potrò
perdere, in tal caso. Per me sarebbe una sconfitta, una delusione.
LEI – Allora ti resta
una sola cosa da fare, aspettare.
LUI – Non faccio altro,
come sai.
La favola
Ad ogni nuova giornata
arrivata per magia appresso alla notte, subito dopo l’alba, una barca partiva
diretta verso la riva opposta. Il viaggio proseguiva per tutte le ore
necessarie al sole per compiere il suo arco in cielo, quindi la sua durata
dipendeva dalla stagione. Alla sera i passeggeri scendevano, e la barca
iniziava subito e nottetempo il tragitto di ritorno trasportando il solo timoniere
alla sua guida. Quando giungeva alla nostra sponda, ormai prossima la luce, non
si trovava mai nel punto di attracco dell’alba precedente, ma sospinta verso il
mare, avendo lasciato a monte ogni ricordo di vite conosciute. Nuovi e
solitamente più giovani passeggeri prendevano posto, pronti a partire per
arrivare dove altri non erano ancora giunti, sempre più verso la foce, verso l’enorme
mare che ancora sembrava lontano.
Ad ogni sbarco una
nuova città era fondata, che si dava leggi e abitudini, che allacciava
relazioni col mondo attorno alle abitazioni, che iniziava la sua avventura
cercando fortuna.
Da quanto tempo la
barca trasporti passeggeri se lo chiedono in tanti, ma nessuno, sino ad oggi,
lo ha mai chiesto al timoniere, il solo a conoscere la risposta. Quando viene
la curiosità è troppo tardi per chiedere, e quando si naviga non si pensa a
quella che poi diventerà tutta la struttura della società che ancora deve
sorgere, creando dubbi di legittimità e discussioni infinite, senza alcuna certezza
se non quella raggiunta con difficoltà e, mi si perdoni l’ossimoro, con troppi
dubbi.
La conclusione (almeno per ora)
Non ci salverà un
miracolo. Per sua natura il miracolo è avvenimento che sovverte le leggi di
natura, che le contrasta. Quindi risulta limitato nel tempo e non diffuso negli
effetti. Se tale invece fosse, si sostituirebbe alla natura stessa, non sarebbe
eccezione, ma regola. E un miracolo non può essere regola.
L’unica consolazione è
che i miracoli vengono chiesti da chi se ne ritiene indegno, e poiché tutti lo
siamo, forse abbiamo una tenue speranza. Che non sarà, tuttavia, per tutti.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun
problema se si cita la fonte, grazie)
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