Uno specchio riflette ciò che ha di fronte, a volte
deforma la realtà, la ingrandisce o la rimpicciolisce, ne può creare un’immagine
virtuale.
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Palazzo degli specchi (Ferrara) |
Quando partii da Ferrara, ormai tanti anni fa,
quel palazzo ancora non esisteva, non era stato costruito. Poi, un giorno, mi
resi conto che era sorto, ed era a suo modo magnifico, bellissimo, unico. Mi ricordava
scorci che avevo nella mente della Parigi moderna, città che non ho mai
visitato, esattamente come non sono mai entrato in quel palazzo. E rimase così,
fissato in quell’attimo, prima abbandonato, e poi vandalizzato ed infine colonizzato
da alcuni di quelli che Raffaele Rinaldi chiama gli abitanti della Ferrara di
sotto.
Sono passato in questi ultimi tempi a
rivederlo, questo palazzo degli specchi, mentre lo stanno demolendo perché è
arrivato alla fine della sua inutile vita.

Mi rifiuto per rispetto di tutti coloro che tra quelle mura degradate vi hanno vissuto, perché è stato un luogo di sofferenza ed emarginazione, come sospettavo ma come non sapevo con certezza.
A darmene la prova è il libro La metafisica dello sterco, di Rinaldi. Non conoscevo questa realtà, mi spaventava e mi spaventa ancora adesso. Ma l’autore sa scavare e descrivere la miseria degli uomini, li sa avvicinare come non so fare io.
Io me ne andai da Ferrara, molti anni fa, e lui
vi arrivò, entrambi spinti dal vento verso nord.
E Ferrara ci guadagnò nel cambio perché io sono più attirato dalla grandezza passata degli Estensi, dalle architetture medievali, rinascimentali e da quelle dell’addizione novecentista del ventennio e meno dalle sue paure, dalle sue colpe, dalla sua grettezza.
E Ferrara ci guadagnò nel cambio perché io sono più attirato dalla grandezza passata degli Estensi, dalle architetture medievali, rinascimentali e da quelle dell’addizione novecentista del ventennio e meno dalle sue paure, dalle sue colpe, dalla sua grettezza.
Eppure Ferrara non è solo Ariosto ed Ercole
I d'Este, Bassani e De Chirico. Ferrara 500 anni fa non era la New York di oggi, ed
oggi è una promessa, un tentativo, una speranza che combatte col degrado e la
miseria delle persone, quelle che io non so accettare. Non accetto chi rifiuta gli
altri ed alza barriere reali e di falso buon senso, ma allo stesso tempo non mi
so chinare a vedere chi veramente ha bisogno, mi spavento.
Sono combattuto tra gli estremi della miseria
mentale e della miseria materiale. Resto ammutolito leggendo di chi vive in
carcere ed è uno come me, con le mie stesse emozioni. E ammutolito anche da chi
sa sporcarsi per andare a vedere.
Ho letto dieci racconti di vite reali e marginali
per chi sta nella Ferrara di sopra come me. Io, grazie al fattore “C”, sono
dalla parte giusta, quella che ha ancora garanzie e si sente protetta. Io non
so scrivere recensioni, non è il mio mestiere. Io leggo con lentezza da bradipo,
non sono un lettore affidabile, e queste parole che scrivo non servono per dire
la mia opinione su un libro, del quale non so esprimere nulla sulla qualità
letteraria.
Mi limito a osservare che anche Anna e Benito detto “Nano” sono parte di Ferrara, e che anche loro occorre salvare (o fermare, se è il caso) se desideriamo salvare Ferrara.
Mi limito a osservare che anche Anna e Benito detto “Nano” sono parte di Ferrara, e che anche loro occorre salvare (o fermare, se è il caso) se desideriamo salvare Ferrara.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun
problema se si cita la fonte, grazie)
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