Si ama con la mente, col cuore, con tutto il
corpo. L’amore è carnale, o lo può essere, dovrebbe esserlo. Quel tipo di amore
ovviamente, non l’amore per la musica, l’amore per i genitori ed i figli o
altri tipi ancora di amore.
E poi rimane il mistero del corpo che pensa, che
quando si ferma, e muore, sembra portare via con sé ogni aspetto di chi quel
corpo occupava sino ad un attimo prima. La grande differenza tra chi ha fede
nella presenza dell’anima immortale e chi invece non ci crede, pur tra mille
diversità e sfaccettature di convinzioni è in questo senso di fine o di
continuità, pur se in forma diversa.
E accettare-cercare il corpo dell’altro/a
diventa un modo di verificare la profondità di un amore, il suo stadio
evolutivo, la sua maturità ed il modo di considerare l’amore.
Quando quel corpo viene a mancare, cosa resta
della persona? Se fossi ateo convinto direi nulla, ma il mio guaio è che non lo
sono. Non sono credente e non sono ateo. Mi contraddico.
La soluzione allora è danzare, o ammirare chi
sa farlo, guardando quei corpi che esprimono l’anima che nascondono, mortale o immortale
che sia.
Una soluzione è rispettare il proprio corpo,
non solo per un fatto di salute o di estetica, ma perché noi siamo il nostro
corpo. Altra soluzione, forse, è non credere in tutto quanto ci viene detto o per
pietà o per convinzione profonda.
L’unica cosa certa è che l’essere umano è
incerto, sbaglia di continuo. Quando è intelligente aggiusta il tiro,
altrimenti si intestardisce in una propria opinione e rischia di diventare
integralista. E allora serve danzare.
Chi non ha dubbi mi fa paura, ma chi non ha
alcuna convinzione per la quale spendersi è deludente, e non mi interessa. Occorre
danzare anche con sé stessi, correggersi, se ci si riesce, quando si scopre di
sbagliare, ma anche perdonarsi degli errori immancabili. Non saremmo nati
uomini altrimenti, ma animali guidati solo da leggi esterne o dei, sopra ogni
legge. E anche gli animali danzano, li ho visti. Forse lo fanno pure gli dei.
Lei dovrebbe danzare il nostro rapporto con la morte,
capisce cosa intendo? Mi spiego meglio. Lei dovrebbe riuscire, coi corpi vivi e
sudati, ad esprimere l’enorme incertezza di chi non sa cosa troverà dopo la sua
morte. E, qui la cosa diventa complessa e contraddittoria, rappresentare anche
la gioia di chi, morendo, è convinto che troverà finalmente un luogo senza
dolore, dove rivedrà chi ha amato in questa vita. Lei e la sua compagnia devono
darmi questo risultato.
Ne parli col suo coreografo, e anche con la sua compagna,
che credo potrà darle ottimi consigli. Io accetto ogni soluzione tecnica e non
metto limiti al mio impegno economico. Da parte sua mi aspetto che lei non si
crei altri limiti dettati da religione o morale. Io non voglio che lo
spettacolo che le chiedo sembri censurato da idee ristrette, o sia legato ad
una sola posizione di fondo se non quella della massima apertura possibile ad
ogni soluzione. Io le chiedo una risposta, se non lo ha ancora capito, ma
questa risposta la voglio vedere danzata, rappresentata. Ovviamente la risposta
non dev’essere necessariamente una sola. E non scordi l’amore, nel balletto che
lei mi preparerà io lo voglio vedere. Deve risultare chiaro che l’amore è, in
qualche modo, legato alla morte, e sempre con lievi ed umani passi di danza. Accetta?
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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