Stava seduto a poca distanza da un filare di viti,
esattamente sotto ad un salice, ma a dispetto dell’albero, che per sua natura
ama l’acqua, attorno era solo sole, ronzio di insetti e profumi di erbe
selvatiche, che sanno essere tanto intensi, in certe stagioni.
Anni dopo avrebbe
imparato ad associare un altro odore forte e caratteristico all’acqua, ma
stavolta a quella di mare, e l’odore sarebbe stato quello della resina e degli
aghi di pino caduti a terra, cosa che avviene anche lontano dalle zone
costiere, dalle scogliere o dalle spiagge, ma che le ricordano. Avrebbe dovuto
prima viverle quelle estati diverse, col sottofondo del rumore quasi assordante
delle cicale, e passare attraverso l’esplosione dei sensi e l’età delle
scoperte, il richiamo delle ragazze e delle donne, l’invito della natura a
viverla, quella vita, senza farsi frenare da muri invisibili, inesistenti
eppure incrollabili.
Stava seduto, ed osservava un formicaio, affascinato da quel
brulicare indecifrabile di attività incessante. E con lo sguardo poi seguiva la
lunga ed ininterrotta fila indiana di minuscoli insetti che andava e tornava,
scoprì dopo, da una pianta di vite non molto lontana.
Si sarebbe interessato, circa 15 anni dopo, di quegli esseri
tanto sociali ed organizzati, ed avrebbe scoperto che alcuni di loro, per
qualche motivo non chiarito o non ancora scoperto da chi li studiava, facevano
esattamente l’opposto di tutti gli altri. Cioè se la maggioranza portava
piccole parti di vegetali nel nido, alcuni individui raccoglievano quello che
le compagne avevano appena deposto e lo riportavano indietro. Il mistero del
comportamento animale è lontano dall’essere chiarito in tutti i suoi aspetti,
come non di meno quello umano.
Lui stava seduto, ed un altro dei misteri che neppure lui
avrebbe saputo spiegare a chi gli avesse fatto una domanda precisa, era perché
ad un certo punto, con un bastoncino, avesse distrutto parte del piccolo cono
del formicaio. Gusto sadico di far soffrire chi non gli aveva fatto nulla,
imitazione di onnipotenza, curiosità parascientifica, noia infantile e tante
altre cose, non ultima fuga dalla realtà, esattamente come ciclicamente avrebbe
vissuto in tutti gli anni a venire. Probabilmente era tutto questo.
In lontananza sentiva il rumore di un trattore, gli
giungevano i discorsi portati dall’aria, anche se non erano distinguibili le
parole ma solo le rare risate che talvolta alleviavano il lavoro nei campi. E
lui restava seduto, sotto quel salice, esattamente perché io, tanti anni dopo,
potessi ricordarlo, e con lui quelle persone lontane ma non troppo, presenti e
vive, fissate per sempre nel ricordo, quello certamente importante, doveroso,
necessario.
Silvano C.© ( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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