C’è stato un momento nel quale ogni cosa mi sembrava un
regalo ed una festa, e la solitudine nera di certi giorni, e di certe sere,
veniva rotta e dimenticata in pochi secondi se capitava una visita inattesa
oppure io, a mia volta, decidevo di romperne l’accerchiamento.
In quel periodo scoprii che, non lontano da dove abitavo,
facevano una festa dal nome strano. Mi feci coinvolgere, ovviamente, perché il
nome era troppo bello per non andare a vedere di persona. Fu così che capitai
la prima volta nella zona di San Tommaso, sullo stradone che unisce Riva del
Garda ad Arco, cioè via Santa Caterina.
Festa dell’Ua, so Fiol, so Neza e Fritole, ecco il suo nome,
e ovviamente era settembre, tempo di vendemmia, quindi di uva, di suo figlio,
il vino, e di sua nipote, la grappa. Le frittelle erano quelle di mela, che
assaggiai con molto piacere. Ci tornai poi quasi ogni anno, a lungo, perché io
non amo scordare i posti, e con quelli le persone che me li hanno fatto
scoprire o con le quali li ho vissuti.
In quel periodo la festa aveva un carattere più campestre
delle ultime e recenti edizioni, e si teneva su un prato a poca distanza da una
venditore di legname che in seguito imparai a conoscere, visto che iniziai a
costruire piccoli mobili con le tavole di legno massello oppure con il
nobilitato bianco che vi trovavo.
Non andavo pazzo per il vino, devo dire, e neppure per la
grappa, ma mi “sacrificavo”, visto che mi piaceva troppo il nome, e mi metteva
allegria.
Del resto fu così che scoprii cosa sono i probusti,
ordinandoli senza neppure sapere cosa mi avrebbero portato. È troppo bello il piacere
della sorpresa per perderlo chiedendo di che tipo di cibo si tratti.
Alla festa de l’Ua ci tornai poi anche con mio figlio ancora
piccolo, diverso tempo dopo. A lui non feci assaggiare né so Fiol né so Neza,
ma l’Ua la gradì, questo lo ricordo bene.
Ricordo altrettanto bene che, al ritorno verso casa, lui
iniziò a lamentarsi. Allora non parlava ancora, e sembrava avesse fastidio in
gola. Ci fermammo allarmati, e, con una piccola torcia elettrica, lo guardammo
con attenzione. Notammo il palato biancastro, del tutto anormale, forse una
infiammazione, una cosa inspiegabile, e lui che si lamentava sempre di più.
A quel punto ci dirigemmo al pronto soccorso, con una
tensione ed una paura che immagino si possano capire. Per fortuna non ci fecero
attendere, ed il medico di guardia osservò nostro figlio abbastanza
preoccupato, poi incredulo, dicendo che non aveva mai visto una glossite
incredibile come quella. Noi non sapevamo cosa pensare, sempre più preoccupati.
Ci chiese se poteva mettergli un dito in bocca. Ovviamente acconsentimmo, e lui
indossò un guanto, infilò il dito andando a toccare il palato che in qualche
modo non lo convinceva, ed alla fine esclamò: “Ma questa è mollica di pane!”.
Nostro figlio aveva mangiato un po’ di pane, non lo aveva
deglutito, lo aveva appiccicato al palato e questo aveva poco a poco iniziato a
dargli fastidio.
Forse, se nostro figlio avesse bevuto un po’ di so Fiol sarebbe riuscito a
mandarlo giù, quel boccone, chi lo sa.
Da allora non ricordo se siamo tornati ancora, ma forse dovremmo farlo, il prossimo settembre, alla Festa dell’Ua, so Fiol, so Neza e Fritole.
Da allora non ricordo se siamo tornati ancora, ma forse dovremmo farlo, il prossimo settembre, alla Festa dell’Ua, so Fiol, so Neza e Fritole.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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