Mi riesce difficile dire tutto quanto vorrei sul tema
che mi accingo a trattare, quindi accetto preventivamente il fatto che per
forza di cose sarò parziale, di parte, a volte impreciso, non sistematico e
pure un po’ umorale e poco oggettivo. Io lo accetto, e spero che pure tu mi
perdoni, quando scoprirai quanto sia vero quanto appena affermato.
Prima di tutto odio i luoghi comuni, e appena mi rendo
conto di caderci, tento di uscirne, oppure di denunciarli, se vedo che qualcuno
li ritiene corretti.
Un luogo comune che mi sembra vada sfatato è che le
persone anziane, o, più correttamente, i diversamente giovani, non abbiano
competenze informatiche e quindi non navighino sufficientemente in rete o necessitino
di strumenti semplificati per farlo. Nulla di più falso. Ci sono ultrasessantenni
che tengono un blog, utilizzano i social, mettono foto sulle piattaforme
giuste, collaborano a enciclopedie on line, sanno benissimo come districarsi
tra le icone di uno smartphone ed hanno competenze professionali che i giovani
si sognano di avere (Sicuramente quelle legate alla loro esperienza che, fosse
anche solo per un fatto di età, non hanno ancora).
Questi non più giovani usano poco le nuove tecnologie,
o meglio, possiedono pochi di questi nuovi strumenti? Questo è possibile, ma la
logica alla base del fenomeno è la stessa che spiega come mai anche chi
vorrebbe comprarsi una Mercedes poi ripiega sull’auto di una casa
automobilistica più economica: è semplicemente un fattore economico. Essere aggiornati
con gli strumenti nuovi costa, e gli strumenti invecchiano in fretta. Gestire gli
strumenti nuovi costa, se non altro come contratto di utenza. Chi ha un
contratto di telefonia fissa inclusivo di tutto se vuole gestire anche un
telefono mobile e intelligente deve avere un altro contratto, che non è
gratuito, ed ha limiti nel traffico. Se tu che leggi mi dimostri che non devo
spendere nulla di più rispetto al mio contratto all inclusive, e non devo
neppure integrare con qualche extra il mio contratto attuale (che per le mie
esigenze va benissimo) allora posso pure cambiare idea, altrimenti conservo la
mia originale.
Ma ora lascio i luoghi comuni, e vengo al tema principale,
quello del titolo. Io della rete ne ho bisogno, fosse anche soltanto per
leggere la posta elettronica. Ma ne ho bisogno principalmente perché così mantengo
contatti con persone importanti, persone che magari non ho mai incontrato di
persona, e che magari potrò incontrare, come recentemente mi capita sempre più
spesso, a volte quando meno me lo aspetto. Quindi la rete, in quest’ottica, è tutto
tranne che virtuale, perché le persone sono sempre reali. Per alcune persone io
sono un numero, è vero. Io tratto alcune persona da numero, vero pure questo. Non
mi nego però la potenzialità di interagire, e in quest’occasione vengono meno
il mio o l’altrui essere numeri. Del resto chi può negare che anche solo
camminando per le strade di una città di medie dimensioni le altre persone che
vedo siano numeri, sino a quando non avviene qualche cosa che ci metta in
contatto? La logica è la stessa. Quando torno a casa delle centinaia o migliaia
di persone incrociate per puro caso non mi resterà quasi nulla, scompariranno
nella massa della gente (pessima parola, che però in questo caso ha un senso
ben chiaro).
Nella vita però bisogna darsi tempi, spazi, priorità,
valori. E occorre fare scelte. Se sono ad una cena tra amici, non posso usare
uno smartphone per interagire con altre persone assenti ed ignorare gli occhi
di chi mi sta accanto, di fronte, o che posso andare io a trovare, alzandomi
dal mio posto per avvicinarmi, e scambiare due parole. È cafone, stupido,
limitante, fortemente autolesionista avere un comportamento simile, che tuttavia
sembra sempre più diffuso. Addirittura ormai si guida l’auto con gli occhi
sullo schermo di pochi pollici, e si rischiano incidenti, altro che vietato
telefonare alla guida, siamo all’irresponsabilità 3.0.
Quello di staccare, ogni tanto, è essenziale, vitale,
necessario, doveroso e segno di rispetto, anche nei confronti di quelli che,
per qualche ora, ci trovano irraggiungibili. Che succederà mai, se per un
pomeriggio, una sera, magari un giorno intero, io non sono in rete? Forse che
gli amici si perdono in questo modo e non per altri motivi? È evidente che
bisogna esserci, non sparire, dare segni di vita, rispondere alle chiamate o
chiamare, ogni tanto. Ma non serve farlo ininterrottamente.
Possedere uno smartphone insomma, se diventa una nuova
schiavitù, decisamente non mi interessa. Mi va bene se lo devo avere per
lavoro, ma non mi va più bene se devo mandare istantaneamente in rete la pizza
che mi hanno appena servito, o postare il video in diretta (con una della tante
nuove app sempre pronte ad attirare utenti) del mio incontro con altre persone,
magari riprendendo un luogo pubblico ed inquadrando pure chi passa
occasionalmente. Mi va bene se lo uso
per incontri clandestini (la morale la lascio ad altri, perché gli incontri
clandestini c’erano ben prima dell’avvento dell’elettronica) ma già va meno
bene se poi sbaglio a toccare lo schermo ed invio immagini, frasi e filmati a
chi non se li aspetta e ci rimane come minimo un po’ stupito (la morale, a quel
punto, rischia di diventare molto tangibile).
Ecco, finito! Ho scordato qualche cosa? È possibile,
ma lo avevo previsto.
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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