L’amore impossibile tra l’Angelo
e l’Uomo come posso spiegartelo? Non avendone esperienza debbo tacere o
limitarmi a fare supposizioni. E quelle mi limito a fare, ad immaginare, a far
collegamenti con la vita di esseri dei quali ho esperienza. Inoltre so poco,
quasi nulla dell’amore, anche se credo che la mia vita ne sia stata sconvolta,
indirizzata, piegata e motivata, spiegata e giustificata. Non so definire l’amore
ma ne ho visto i tremendi e sublimi effetti. La mia ipotesi tutta da dimostrare
è che solo tra pari possa esservi amore condiviso in modo equo. Amare ed essere
amati in uguale misura come potrebbe essere altrimenti? So che si può amare e
non essere ricambiati, che si può smettere di amare, che l’amore muta col
tempo, che si raffina o si guasta, che rimane a testimonianza, che completa e,
dopo, nulla sarà più come prima. Di come possa l’immortale amare il mortale non
ne ho la più pallida idea, e neppure del suo inverso. Io credo di poter amare
un uomo o una donna, un essere umano insomma, perché ne condivido il tipo di
vita, la durata della vita stessa che restituisce ad ogni mia ora lo stesso
tempo vissuto dall’altro o dall’altra. Non posso amare allo stesso modo un
cane, un gatto, un cavallo o un passero. Il loro tempo viaggia in modo diverso,
la vita di un gatto dura meno mediamente di quella di un uomo. Eppure c’è
scambio tra un uomo e il suo gatto, c’è dialogo, c’è un legame indiscutibile
che, come l’amore, provoca anche il dolore della perdita, del vuoto lasciato. A
volte qualcuno pensa di avere maggior affinità col proprio cane che col resto
dell’umanità, e mi sembra un’assurdità. Io debbo rispetto alla vita, non solo
alla mia o a quella degli altri umani, ma a tutta la vita, compresa quella
degli animali. E le piante che ruolo hanno in tutto questo? Cosa potrà mai
pensare, se pensa, un ulivo millenario se mi percepisce passare accanto a lui? Per
lui sono un’ombra che è già sparita un istante dopo avermi avuto accanto? Mi arrendo, non so nulla di nulla, solo mi fa
rabbia, è questa la cosa principale, che chi amo debba morire prima di me o io
prima di lui. Dolore usato a piene mani per impastare ciò che chiamiamo vita,
dolore, sempre dolore, onnipresente, atteso e temuto, magari appena superato
prima che ritorni di nuovo. Ciao Viz, capito mi hai?
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun
problema se si cita la fonte, grazie)
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