Quella volta che dipinsi gli infissi e li guardai soddisfatto perché erano venuti bene… poi sia alzò il vento, sollevò la sabbia e li trasformò in carta vetrata.
Quando feci benzina e mi innaffiai le scarpe con la pompa che
non funzionava bene. Partii nervoso e ad una curva pochi chilometri dopo buttai
le scarpe nella boscaglia. Tu mi lasciasti fare ma mi chiedesti solo, una volta
calmato, come avrei fatto senza scarpe e solo coi sandali. Mi fermai e andai a
recuperarle tra i rovi. Tu sorridevi.
Gli comunicammo, più che altro per cortesia di vicinato, che ci saremmo sposati. Ci chiese se doveva qualcosa. Rispondemmo che non era necessario, era solo una cosa che ci sembrava corretto fargli sapere.
Gli avevano dato il nome di un rompicapo geometrico, faceva cucina alternativa e aveva aperto da poco. Andammo una sola volta. Ogni piatto aveva lo stesso colore e lo stesso sapore, cambiavano solo il nome e, sulla carta, gli ingredienti. Invitammo una volta la ragazza che ci lavorava a pranzo a casa nostra. Gradì moltissimo la cucina ferrarese e modenese, molto più di quella macrobiotica.
Col gruppo di allora facemmo una puntata su sentieri di montagna. Tutti noi avevamo scarpe e abbigliamento adatti. Superammo, molto lontani ormai dal parcheggio, una coppia che sembrava uscita dal ballo dei debuttanti. Ricordo in particolare lei: abito lungo da sera e scarpe col tacco sottile.
Lo chiamavamo Trombetto. È morto diversi anni fa. Quando parlava all’aperto, molti piani sotto di noi, sembrava di averlo accanto.
Potrei continuare, Viz, lo sai bene… arrivederci.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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