Ci sono parole che tendo ad evitare, a usare con parsimonia, che mi lascio sfuggire in privato. Non è che non mi piacciano però o le rifiuti. Sono quelle che la buona educazione vorrebbe limitare e sono legate alla sessualità, ai bisogni corporali, alle offese personali o al comunicare scorretto. Non mi infastidiscono più di tanto, le evito ma non mi feriscono. So che devo trattenermi e a volte mi sfuggono. Potrebbero forse creare problemi ma non a me. L’elenco di queste parolacce che mi lasciano indifferente è lungo. Tento un’analogia che chiarisca: non posso andare nudo per strada ma per fare la doccia va bene. Un'altra: non è elegante stare in ciabatte ma in casa si può mentre il presidente di tribunale in udienza è meglio che eviti. Non mi riferisco quindi a merda, fottere, deficiente o simili. Quelle sono le prime trasgressioni dei bambini, fanno persino sorridere.
Le parole impronunciabili, neppure pensabili, sono altre, e sono quasi tutte legate alla Signora e agli effetti del suo passaggio. Si trovano su tutti i dizionari di ogni lingua conosciuta, un tempo pure io le usavo con maggiore leggerezza, ora no. È scesa una cappa che ha cambiato la percezione personale. Sono senza difese e le evito, le rifiuto, le vivo come attacchi personali. Tu sei qui Viz, il resto sono discorsi privi di senso...
Silvano C.©
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