martedì 15 settembre 2020

U.M.P.

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Quando entra nell'edificio si trova un po' sperduto e intimorito. Non è mai entrato in un grande ministero o in un palazzo governativo centrale. Conosce palazzi storici istituzionali di provincia, ha visto a decine le immense sale poste all’ingresso di strutture dove si gestisce il potere, ma solo in documentari, in fotografie o ricostruzioni per il cinema.

È intimorito ma ha un motivo che lo ha spinto ad entrare, ed ora cerca di orizzontarsi.

Attorno solo spazi vuoti, nessuna presenza umana, impossibile chiedere aiuti o informazioni. Si sposta verso il centro dell’immensa sala e ad accompagnarlo solo l’eco dei suoi passi. Vede, in fondo, la parete bianca con due grandi scale ai lati e, al centro, diverse porte che potrebbero essere quelle degli ascensori. Si avvicina. Sono effettivamente le porte degli ascensori. Ai lati di ognuna targhe in metallo lucido, brunito, con lunghi elenchi di reparti, sezioni, centri direzionali, uffici, responsabili e direttori. Tutti riportano un numero, quello del piano, e una lettera o una coppia di lettere, riferita probabilmente al corridoio, o alla stanza. Alcuni numeri e lettere, di fianco, non riportano alcuna indicazione. Lui sa che quello che cerca deve stare lì, in qualche punto di quell’edificio, in un piano ed in una stanza o in una sezione specifica. Lui lo sa, anche se ha scordato chi gli ha dato l’informazione.

Inizia dalla targa della porta a sinistra, e scorre dall’altro in basso tutte le indicazioni riportate. Non trova nulla. Passa alla porta di fianco. Ancora nulla. Alla quarta porta, circa a metà della targa, il numero 37,  le lettere SV e, di fianco, la sigla U.M.P. Dovrebbe essere quello il posto che cerca, ma la sigla non gli basta ancora. Continua a scorrere tutta la targa e poi guarda anche le rimanenti. La sigla è l’unica possibile, nessun altro ufficio sembra avere a che fare col suo problema. Ritorna alla quarta porta, e spinge il pulsante. L’ascensore è già al piano perché la porta si apre subito e lui entra.

Ora spinge il pulsante 37. In tutto sono quasi 100 i numeri possibili, quel palazzo è veramente enorme.

Per arrivare al piano impiega un tempo lunghissimo, e intanto si chiede se è venuto nel posto cercato. Quando la porta si apre il corridoio davanti a lui è basso, stretto, lunghissimo. Nessuna possibilità di sbagliare però, non ci sono altri corridoi e le lettere seguono un rigido ordine alfabetico. Impiega oltre quindici minuti per arrivare alla piccola porta SV. Di lato la targa U.M.P.

Si ferma. Aspetta e pensa a cosa potrebbe dire. Si chiede se deve bussare, visto che non ci sono campanelli. Alza la mano ma la porta si apre prima che la tocchi. Forse un sensore.

Oltre la soglia una piccola stanzetta, una scrivania e, seduta, una donna anziana, molto anziana, che gli sembra in qualche modo familiare, ma non sa spiegare da cosa gli venga la sensazione. Entra, quando lei lo invita. In un solo minuto e senza neppure sedersi (non ci sono altre sedie) lei gli spiega che è esattamente nel posto che cercava ma che né lei né alcun altro può fare nulla per aiutarlo. Quello che è successo non è modificabile, non è avvenuto per errore ma neppure per una qualche forma di giustizia o punizione. È semplicemente avvenuto come ogni cosa destinata ad avvenire. Avrebbe potuto succede molto dopo, o almeno un po' dopo, ma anche molto prima. La donna gli spiega anche che il nome dell’ufficio sta per essere cambiato, perché induce in errore chi ne legge la sigla. Lui forse è stato l’ultimo a vedere quella targa.

Esce, senza dire una parola. Tutto quello che avrebbe voluto chiedere o spiegare si è fermato prima di arrivare alla lingua ed alle corde vocali, come impantanato nella melassa, o nel cemento ancora fluido. Le parole erano frenate, forse inutili, e non ha potuto pronunciarle. Lei sapeva quello che lui voleva, e gli ha risposto prima che lo chiedesse.

Tutto ciò che è successo doveva avvenire esattamente come è avvenuto. Il motivo non mi è chiaro, ma deve essere così. Ciao Viz.

                                                                          Silvano C.©  

    (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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