Aggiungere per sottrazione non è facile, perché la via della perfezione non è adatta a tutti. Neppure a me, è evidente. Eppure credo che sottrarre sia un modo possibile per tentare l’impresa. Sottrarre prima di tutto l’io. E già la cosa si fa difficile. Per forza di cose non posso che partire dalla mia esperienza e l’idea di ridurla selettivamente per sintetizzarla non mi piace. Temo di scordare cose importanti. Volontariamente. Ma se mi porto appresso ogni cosa non potrò diventare leggero, essenziale, non ci riuscirò mai.
Dovresti dirmi a cosa rinunciare ancora, perché in parte inizio a capire che molto di ciò che ritenevo importante non lo è per nulla, oppure ha fatto il suo tempo, quindi ha già dato quanto poteva. Però non basta. La zavorra mi trattiene ancora al suolo. Il suolo è tranquillizzante, fa sentire coi piedi per terrea, offre sicurezze momentanee ma poi inganna.
Tu che hai dovuto rinunciare alla vita, dopo, cosa resta? È quella la sola leggerezza alla quale possiamo arrivare? Tutte le altre vie conservano parti materiali, solide, tangibili. I concetti presenti un libro hanno bisogno della carta e tutte le informazioni si materializzano in qualche modo, oppure spariscono completamente.
Vorrei essere un dirigibile chiamato Nulla, per un po'. Salirei sempre più in alto attraverso l’atmosfera. Uscirei poi dall’atmosfera terrestre, dove il vuoto non è completamente vuoto, quindi salirei ancora. E poi? Se fossi quel dirigibile lo saprei, ma se lo fossi probabilmente starei ancora viaggiando sempre più in alto e non arriverei da nessuna parte. Che confusione, Viz. E quanto sono legato al suolo.
Silvano C.©
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