venerdì 22 dicembre 2017

Ansia da calendario

Da molto tempo quando si avvicina la fine dell’anno mi assale un’irrazionale ansia di raccogliere calendari per il tempo che verrà come se, non avendone a sufficienza da sistemare in diverse postazioni sparse in casa, il tempo stesso dovesse sfuggirmi, non potessi prevederlo, organizzarmi, ricordarlo.
E così, ogni volta puntualmente a distanza di dodici mesi, ripercorro i luoghi dove ho trovato o avuto calendari l’anno precedente. Alcuni posti ovviamente li lascio ed altri nuovi li trovo, a volte casualmente. Sento il bisogno di rinnovare una tradizione ma anche di scoprire vie mai percorse, ed entrambe le esigenze sono forti e convivono.
Pure mio padre recuperava calendari, ma lo faceva in modo più rilassato come la maggior parte delle persone, e non ne avevamo mai troppi in giro in quel periodo.
Mi ritrovo in questo sogno di stabilità effimera che vorrei negare per tutto ciò che mi fa male e mantenere per il resto. Rinnovare senza tradire il ricordo.

Per spiegarmi devo dire che io a volte mangio troppo per affetto e nostalgia. In un passato recente sentivo il bisogno di recuperare la mia vita precedente a Ferrara, le amicizia di allora in parte mutate tanto da diventare irriconoscibili e difficili da vivere ora come vorrei, e questo bisogno lo concretizzavo comprando gastronomia ferrarese, o modenese, o sarda, o di altri luoghi della memoria e dell’amore presente e passato. Mangiavo per tenere vivo ciò che ero, e mi facevo male da solo, accumulando peso inutilmente.
Ci sono altre vie, lo so. Oltre e sopra alle cose ci sono le persone ben più importanti, che vanno frequentate anche quando si vorrebbe che fossero diverse. Io tuttavia dovrei essere diverso per molte di queste persone, non esattamente come sono ora. Dovrei ricordare com’ero e come non sono più e come non intendo più essere. Difficile spiegare e capire se non hai capito già, come direbbe Guccini.

Il calendario del 2017 per fortuna tra poco lo eliminerò fisicamente. Mi parla di un anno che vorrei scordare riportando il tempo indietro di quanto mi basterebbe. Illusioni, come già ho detto altrove.
Recentemente sto ripercorrendo sentieri antichi e tento anche timide esplorazioni su terreni sconosciuti. Mi lascio prendere da chi con sicurezza mi racconta di aver trovato la via per la salvezza ma solo se sin dall’inizio già non mi è evidente che quella strada non fa per me. Io cerco ma non mi accontento più di quello che non mi interessa.

La mia salvezza eri tu, lo sai, ma ora mi resti in modo incompleto. Per alcuni sei andata via per sempre, sparita in un non-luogo introvabile nello spazio e nel tempo, forse ed in parte solo in alcuni vecchi calendari che conservavi e che io non getterò mai (moriranno e perderanno interesse con la mia morte, immagino).
Per altri tu sei sempre qui e non andrai mai via. Per altri ancora tu mi aspetti, non mi è chiaro come e dove. Se sapessi la verità forse non starei a perdermi in questi pensieri.
La via religiosa la trovo inconcludente e senza una sola ragione in grado di convincermi. Rispetto le posizioni della mia tradizione culturale di formazione e capisco chi trova la propria illuminazione nel fiore del loto, ma sono vie artificiali, consolatorie, personali. Incontro chi si realizza annullandosi in viaggi attorno al mondo perché poi, quando la vita sarà finita, non avrà più tempo per farli. So di un’amica che recita in una compagnia dialettale e così ha trovato la sua perfezione. Un’altra mi ha invitato a visitare la sede di un gruppo che aiuta persone con problemi (per risolvere il suo problema, io penso, lei affronta quelli altrui). E nessuno di questi modi mi piace, mi offre un minimo di attendibilità.

Io cerco te, e non c’è modo alcuno di arrivare dove ti trovi se non convincendomi in parte in modo illusorio. Il metodo non è troppo dissimile tuttavia dai sistemi scelti dagli altri, che non mi soddisfano. Alla fine credo che troverò il sistema, non dispero di riuscirci. Potrei scoprire che per dialogare con te posso cucire, o camminare sino a stancarmi muscoli ed ossa, o perdermi in letture e ricerche, o aiutare come e chi dico io. Ma devo sentirlo dentro e devo avvertirlo come suggerito, accettato, condiviso e vissuto anche da te. Esatto, vissuto. 
In un calendario ideale scriverò i miei giorni con te che dovranno ancora venire e lo farò lasciando finalmente le ansie, le paure, accettando quello che ho avuto senza lamentarmi troppo.
Non so se bastano i calendari che ho raccolto sino ad oggi. Tu che dici?


Venditore - Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere - Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore - Sì signore.
Passeggere - Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore. - Oh illustrissimo sì, certo.
Passeggere - Come quest’anno passato?
Venditore - Più, più assai.
Passeggere - Come quello di là?
Venditore - Più, più, illustrissimo.
Passeggere - Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore - Signor no, non mi piacerebbe.
….
[da Le Operette morali, Giacomo Leopardi]

   
                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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