Da molto tempo quando si avvicina la fine dell’anno
mi assale un’irrazionale ansia di raccogliere calendari per il tempo che verrà come
se, non avendone a sufficienza da sistemare in diverse postazioni sparse in
casa, il tempo stesso dovesse sfuggirmi, non potessi prevederlo, organizzarmi,
ricordarlo.
E così, ogni volta puntualmente a distanza di dodici
mesi, ripercorro i luoghi dove ho trovato o avuto calendari l’anno precedente.
Alcuni posti ovviamente li lascio ed altri nuovi li trovo, a volte casualmente.
Sento il bisogno di rinnovare una tradizione ma anche di scoprire vie mai
percorse, ed entrambe le esigenze sono forti e convivono.
Pure mio padre recuperava calendari, ma lo faceva in
modo più rilassato come la maggior parte delle persone, e non ne avevamo mai
troppi in giro in quel periodo.
Mi ritrovo in questo sogno di stabilità effimera che
vorrei negare per tutto ciò che mi fa male e mantenere per il resto. Rinnovare
senza tradire il ricordo.
Per spiegarmi devo dire che io a volte mangio troppo
per affetto e nostalgia. In un passato recente sentivo il bisogno di recuperare
la mia vita precedente a Ferrara, le amicizia di allora in parte mutate tanto
da diventare irriconoscibili e difficili da vivere ora come vorrei, e questo
bisogno lo concretizzavo comprando gastronomia ferrarese, o modenese, o sarda,
o di altri luoghi della memoria e dell’amore presente e passato. Mangiavo per
tenere vivo ciò che ero, e mi facevo male da solo, accumulando peso
inutilmente.
Ci sono altre vie, lo so. Oltre e sopra alle cose ci
sono le persone ben più importanti, che vanno frequentate anche quando si
vorrebbe che fossero diverse. Io tuttavia dovrei essere diverso per molte di
queste persone, non esattamente come sono ora. Dovrei ricordare com’ero e come
non sono più e come non intendo più essere. Difficile spiegare e capire se non
hai capito già, come direbbe Guccini.
Il calendario del 2017 per fortuna tra poco lo
eliminerò fisicamente. Mi parla di un anno che vorrei scordare riportando il
tempo indietro di quanto mi basterebbe. Illusioni, come già ho detto altrove.
Recentemente sto ripercorrendo sentieri antichi e
tento anche timide esplorazioni su terreni sconosciuti. Mi lascio prendere da
chi con sicurezza mi racconta di aver trovato la via per la salvezza ma solo se
sin dall’inizio già non mi è evidente che quella strada non fa per me. Io cerco
ma non mi accontento più di quello che non mi interessa.
La mia salvezza eri tu, lo sai, ma ora mi resti in
modo incompleto. Per alcuni sei andata via per sempre, sparita in un non-luogo introvabile
nello spazio e nel tempo, forse ed in parte solo in alcuni vecchi calendari che
conservavi e che io non getterò mai (moriranno e perderanno interesse con la
mia morte, immagino).
Per altri tu sei sempre qui e non andrai mai via. Per
altri ancora tu mi aspetti, non mi è chiaro come e dove. Se sapessi la verità
forse non starei a perdermi in questi pensieri.
La via religiosa la trovo inconcludente e senza una
sola ragione in grado di convincermi. Rispetto le posizioni della mia
tradizione culturale di formazione e capisco chi trova la propria illuminazione
nel fiore del loto, ma sono vie artificiali, consolatorie, personali. Incontro
chi si realizza annullandosi in viaggi attorno al mondo perché poi, quando la
vita sarà finita, non avrà più tempo per farli. So di un’amica che recita in
una compagnia dialettale e così ha trovato la sua perfezione. Un’altra mi ha
invitato a visitare la sede di un gruppo che aiuta persone con problemi (per
risolvere il suo problema, io penso, lei affronta quelli altrui). E nessuno di
questi modi mi piace, mi offre un minimo di attendibilità.
Io cerco te, e non c’è modo alcuno di arrivare dove
ti trovi se non convincendomi in parte in modo illusorio. Il metodo non è
troppo dissimile tuttavia dai sistemi scelti dagli altri, che non mi soddisfano.
Alla fine credo che troverò il sistema, non dispero di riuscirci. Potrei scoprire
che per dialogare con te posso cucire, o camminare sino a stancarmi
muscoli ed ossa, o perdermi in letture e ricerche, o aiutare come e chi dico io. Ma devo
sentirlo dentro e devo avvertirlo come suggerito, accettato, condiviso e vissuto
anche da te. Esatto, vissuto.
In un calendario ideale scriverò i miei giorni con te che dovranno ancora venire e lo farò lasciando finalmente le ansie, le paure, accettando quello che ho avuto senza lamentarmi troppo.
In un calendario ideale scriverò i miei giorni con te che dovranno ancora venire e lo farò lasciando finalmente le ansie, le paure, accettando quello che ho avuto senza lamentarmi troppo.
Non so se bastano i calendari che ho raccolto sino ad
oggi. Tu che dici?
Venditore -
Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere - Almanacchi per l’anno nuovo?
Passeggere - Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore - Sì
signore.
Passeggere - Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore. - Oh illustrissimo sì, certo.
Passeggere - Come quest’anno passato?
Venditore - Più, più assai.
Passeggere - Come quello di là?
Venditore - Più, più, illustrissimo.
Passeggere - Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore - Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere - Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore. - Oh illustrissimo sì, certo.
Passeggere - Come quest’anno passato?
Venditore - Più, più assai.
Passeggere - Come quello di là?
Venditore - Più, più, illustrissimo.
Passeggere - Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore - Signor no, non mi piacerebbe.
….
[da Le
Operette morali, Giacomo Leopardi]
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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