Parte prima, scritta stanotte, in un momento di evidente
crisi
Devo,
voglio, mi fa piacere farlo e mi fa male. Non so smettere ed intanto il tempo
cambia, passa, fa il suo lavoro. Posso ancora pensare a meno di un anno fa,
questo per qualche mese mi è concesso, e poi basta. Dopo si sarà formato uno
strato di cenere come quello che ha soffocato Pompei ed Ercolano. In realtà
anche le date sono solo una convenzione se si intendono rigidamente, e non sono
le settimane in più o in meno a fare differenza, in questo caso. Non ho bisogno
di documenti, non devo certificare nulla, non mi serve altro che mantenere la
memoria.
Quante
volte avrei preferito egoisticamente scordare ogni cosa, me ne vergogno ma l’ho
pensato. E non sarebbe stato giusto né corretto se fosse successo.
Ogni
immagine, ogni ricordo, ogni singolo appiglio; non mi sembrano neppure veri, risultano
insopportabili quando li realizzo per quello che sono, e devo subito reagire,
porre un freno alle lacrime inutili, perché non cambiano assolutamente nulla.
Sarebbero un dolore felice altrimenti, avrebbero un senso, non così.
Parte seconda, scritta durante il giorno, dopo che lei è
intervenuta. Io mi presto come strumento, o così immagino.
Non
so che dirti ormai. Non posso ammettere che vorrei essere scordata, questo no,
ma non voglio neppure che questo tuo malessere si trascinasse oltre un limite
fisiologico accettabile, doloroso ma comprensibile. Se ancora ne avessi avuto
bisogno ho la conferma che non sbagliai quando ti individuai e ti scelsi, perché
fui io a farlo, lo hai capito. Ti ho criticato e sai quanto, mi hai delusa su
alcune cose non secondarie, e non serve ora rivangarlo, ma ora basta. So che
non ascolterai, non seguirai il mio consiglio, ma te lo voglio dare, o ripetere.
Vai avanti. Hai motivazioni più che importanti, devi realizzare anche quello
che interessa(va) a me, tu questo solo mi devi, ora. Il resto è tua fantasia, è
autocolpevolizzazione stupida senza sbocco, è somatizzazione da superare. Non ti
voglio infelice, ed alla fine devi uscirne. Ti sei messo volutamente in una
specie di vicolo cieco, e se vuoi continuare con questa metafora ti comunico
che nessun vicolo cieco è senza uscita. Certamente vi si affacciano porte o
aperture di tipo diverso. Tu suona a qualche campanello, bussa a qualche porta.
Troverai chi già conosci, o anche chi ancora non conosci. Quella è l’uscita dal
vicolo. E sorridi.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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