venerdì 6 giugno 2014

Viaggiare ai tempi di Google Earth


Informativa sulla privacy
 Tra i primi viaggi sicuramente quelli nelle favole che mi raccontava mio nonno, le stesse, poche, raccontate con parole sempre uguali, o con diversità minime ad ogni ripetizione. Io non ammettevo variazioni, paure nuove o nuovi stupori. E lui, che lo sapeva, si divertiva a rifare esattamente la stessa voce e la stessa espressione del viso. Allora il viaggio era dentro di me, a scoprire mondi che appena uscivo in strada sparivano.

Poi ricordo un viaggio breve e spiacevole, in una località balneare della riviera romagnola dove sono stato confinato in una colonia estiva per circa un mese perché mi faceva bene il mare (il parere del medico era inappellabile). A suo modo educativo, quel viaggio, anche di scoperte del corpo, ma enormemente penoso.

E poi molti altri viaggi, tanti da riempirne pagine e pagine volendo raccontarli tutti ed in modo esaustivo. Si ripropone il problema, nel raccontare i particolari, uguale a quello di chi vorrebbe disegnare una cartina geografica in scala 1:1, cioè una piantina del quartiere grande esattamente come il quartiere, o una piantina della regione grande esattamente come la regione. In altre parole una semplice spedizione al mare di poche ore raccontata esattamente in poche ore, non sintetizzata nei suoi aspetti apparentemente più importanti, o selezionati dalla nostra memoria. Per raccontare una vita serve una vita.

Chiarito questo punto essenziale, e tralasciando - solo per non dilungarmi ulteriormente - il viaggio che si compie leggendo un libro, per nulla da sottovalutare, penso ad un breve spostamento compiuto poco tempo fa, neppure un vero e proprio viaggio, ma una veloce fuga dai soliti luoghi. La preparazione è stata già parte del viaggio, ovviamente, ed è durata quasi più del tempo cronologico intercorso tra partenza e ritorno. La preparazione è il desiderio di fare qualcosa, di scoprire luoghi o persone o modi di essere. È anche il suo progetto, il compromesso tra fantasia e realtà, ed è fatta di oggetti solidi, i bagagli, che trasportano un po’ di quello che dovremmo lasciare.
Poi c’è il viaggio vero e proprio, che sarebbe sbagliato intendere solo come il raggiungimento di una meta, ma è tutto quello che capita nel percorso, specialmente gli imprevisti.
Infine c’è quello che avviene dopo, il viaggio rivissuto nelle immagini fotografiche che abbiamo riportato a casa, necessariamente legate a pochi momenti specifici, oppure nei ricordi condivisi, o nelle informazioni che si cercano a posteriori, nei perché scoperti solo dopo, e che ci avrebbero evitato quella reazione o quella svolta, e forse ci avrebbero tolto il piacere di quella scoperta.

Da qualche anno il viaggio si può rivivere pure su Google Earth, anche se non in tutti i paesi è possibile, ma quando questo avviene sembra di tornare in quel ristorante, in quella piazza, su quella strada. I luoghi familiari so come appaiono in questo mondo virtuale, li conosco bene, li ritrovo quando ne sento nostalgia e sono abbastanza forte da reggerne il peso. Così mi rivedo ancora in viaggio, e metto piccole bandierine per ritrovare quel campeggio, o quell’autogrill, o quel passo di montagna superato in agosto mentre iniziava una leggera nevicata. E mi viene da sorridere al pensiero del mio abbigliamento leggero in quell’atmosfera invernale perché, accidenti, in agosto non si indossano i doposci.

                                                                                           Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.

Post più popolari di sempre

Post più popolari nell'ultimo anno

Post più popolari nell'ultimo mese

Post più popolari nell'ultima settimana